I medici che assistono le vittime di violenza domestica si sentono dire anche questo. Succede all’ospedale San Carlo Borromeo di Milano, come succede in moltissime altre realtà italiane e non solo. Al San Carlo la violenza sulle donne è quotidianamente affrontata dai volontari del Casd, il Centro Ascolto Soccorso Donna, che accoglie donne maltrattate e picchiate, le sopravvissute, che sono state annichilite ma hanno avuto la forza di reagire prima che fosse troppo tardi. "Spesso le donne che giungono in pronto soccorso, non sapendo ancora nominare ciò che loro è accaduto, non dichiarano di aver nell’immediatezza di aver subito violenza. Questo ha un nome: Sindrome di Procne. Però i corpi, le lesioni parlano per loro e raccontano di vertigini di orrore quotidiano", spiega la dottoressa Maria Grazia Vantadori, Chirurga referente per il Casd del Pronto soccorso dell’Ospedale San Carlo – ASST Santi Paolo Carlo di Milano. "Proprio per questo a volte la violenza fisica è quasi ‘migliore’, se si può utilizzare questo termine, di quella psicologica. La violenza fisica almeno disvela, quando non è troppo violenta. E’ un momento di presa di coscienza, scuote. La violenza psicologica, invece, la violenza del controllo non viene quasi mai neanche letta. Viene sottaciuta", sottolinea la dottoressa Vantadori. Al Casd arrivano molti casi di violenza anche su adolescenti. E qui, in particolare, la violenza nasce proprio da quelle che sembrano piccole richieste innocenti di ciò che, per assurdo, il più delle volte viene definito un "grande amore". "Metti una gonna più lunga", "non parlare con quell’amica", "fammi vedere il cellulare": sono molte le forme che il desiderio di controllo prende nella vita di coppia. La donna, la ragazza cede, pensa sia innocuo, e alla fine si ritrova sola, senza più nessuno con cui parlare e a cui chiedere aiuto, senza più nessuno che le metta davanti uno specchio e le mostri anche i lividi che hanno lasciato il segno solo sull’anima. Da lì alla violenza fisica il passo è brevissimo, mentre l’annientamento psicologico è già in atto. "Far emergere la consapevolezza, però, non è per niente facile, soprattutto nelle ragazze", ribadisce Vantadori. Perché poi, alla fine, il discorso è tutto qui: la consapevolezza. La consapevolezza che non solo una coltellata o un pugno fanno male e non devono essere tollerati, ma nemmeno una limitazione della propria libertà. Se è sete di controllo non è amore. Se è uno schiaffo un giorno, un altro giorno può essere una coltellata, ed essere fatale. "Io credo che la donna sappia in cuor suo riconoscere effettivamente il gesto di affetto e dove invece comincia il maltrattamento o la violenza", aggiunge la dottoressa Lucia Negroni, Direttore medico di presidio dell’ospedale San Carlo – ASST Santi Paolo e Carlo. Bisogna non aver paura di ascoltarsi. E quando ci si rende conto che si è arrivate al punto di non ritorno è fondamentale lasciare quella situazione e chiedere aiuto. Perché potrebbe essere l’ultima occasione per salvarsi.