L'attesa all'Istituto Italiano di Cultura di Montevideo per la conferenza stampa del sottosegretario agli esteri Ricardo Merlo è stata breve, brevissima. Quindici, venti minuti si è dovuto attendere per... non ascoltare nessuno. L'incontro con la stampa forse doveva esserci, chissà magari nelle intenzioni, oppure per cercare di ovviare, last minute, alla ennesima gaffe, ma alla fine si è trattato di una conferenza stampa fantasma. Seduti uno accanto all'altro, in ordine di apparizione Lamorte, Merlo, l'ormai ex ambasciatore Piccato e Poma, direttore dell'IIC, guardandosi uno con l'altro infatti non hanno detto nulla.

Soltanto un paio di frasi a bassa voce con un unico collega locale che evidentemente, in qualche modo, doveva giustificare al proprio direttore il taxi pagato per giungere fino in Paraguay 1177, la sede dell'IIC. Prima qualche foto, quelle non devono mai mancare, con l'innegabile sorriso di circostanza. Un certo imbarazzo comunque era palese: o la macchina organizativa (?) aveva fallito clamorosamente oppure ai media di Montevideo quello che avrebbe dovuto dire (e poi non ha detto) il sottosegretario Merlo interessava davvero poco. Il lettore può scegliere liberamente l'ipotesi che più gli aggrada.

Di sicuro l'ennesima dimostrazione di una incapacità palese anche nei rapporti con i media: non si può convocare una conferenza stampa, per poi non parlare, questione anche di rispetto per quei pochissimi (si contavano sulle dita di una mano) che avevano deciso di... sfidare l'impossibile, aspettando chissà quale rivelazione o novità dal vice ministro agli Esteri. Ma che cosa è stato detto nelle frasi 'private' di Merlo e Piccato? Le stesse cose, la stessa cantilena che si va ripetendo da quando la costruzione del nuovo consolato di Montevideo è diventata la grande impresa del sottosegretario e di chi è sul suo carro.

"Un nuovo consolato, 700 metri quadrati, tra due anni sarà pronto, toglierà dai problemi gli italiani dell'Uruguay.... (Sic!)": parole, parole, parole, soltanto parole... Niente di nuovo sotto il sole... E nemmeno una parola nella nostra lingua... E dire che eravamo all'Istituto Italiano di Cultura...

ROB. ZAN.