Il pirata è tornato. Passato dagli yacht al terrorismo, era scappato dall’Italia nove anni fa inseguito dalle accuse di truffa dai compratori delle sue imbarcazioni. Condannato all’ergastolo a Tripoli per traffico d’armi, Giulio Lolli è rinchiuso da domenica nel carcere romano di Regina Coeli. In Libia fu arrestato prima della caduta di Gheddafi. Titolare di una vita avventurosa, il bordeline come sistema, la truffa come principio irrinunciabile, fugge durante la guerra civile e si unisce al Thuvar, controllata da Al Qaeda. Un terrorista acquisito, in nome non si sa di quale ideale. Nel rispetto di un personalissimo principio: mimetizzarsi, confondersi, sfuggire alla legge. Arrestato nel 2017, si becca una condanna all’ergastolo per terrorismo. Un bell’esempio di italiano lercio, imbroglione, truffatore. Un pirata, Giulio Lolli, ecco. Dall’Italia era fuggito in barca, la Tunisia il primo approdo, poi in Libia in piena primavera araba. L’inchiesta a suo carico prende le mosse da un giro di yacht acquistati e rivenduti con documenti falsi, corruzione e bancarotta. A Tripoli si faceva chiamare "capitano". Nome e cognome Yulio Karim. Uno del gruppo della galassia jhadista controllato dai terroristi di Ansar Al Sharia.

Un italiano, Giulio Lolli, che aveva abbracciato la fede islamica sposando una delle loro donne e combattendo al loro fianco contro l’esercito di Haftar. Il capitano Giulio Lolli, bolognese, cinquantaquattro anni, il pirata. Così soprannominato in Romagna, campava in Italia truffando il prossimo. L’uomo delle due vite. Italiana quella fatta di imbrogli, compravendita di yacht e auto di lusso, corruzione e aziende finite in bancarotta. Africana l’altra vita, addosso la divisa di ufficiale della marina libica e la figura del trafficante di armi. Di entrambe le vite dovrà rendere conto alla magistratura italiana, che l’ha preso in consegna domenica sulla scaletta di un volo proveniente da Tripoli. La latitanza di Lolli è durata nove anni. In manette si è ritrovato vestito di grigio, un abito di buon taglio, e i capelli rasati. Nel 2007, sui social, aveva tre profili Facebook. Foto al timone di imbarcazioni veloci con il chiaro scopo di buttare fumo negli occhi. Arrestato in Libia, è finito in disgrazia: condannato all’ergastolo per terrorismo. L’accordo fra governi prevede che sia processato in Italia. Un tris di ordinanze di custodia cautelare. Due del tribunale di Rimini, associazione per delinquere, estorsione e truffa; una emessa dal tribunale di Roma, terrorismo e traffico d’armi.

Lolli si è buttato via, una vita bruciata la sua. Il punto d’inizio nel 2008, sulle indagini della procura di Rimini che mette gli occhi sulla sua società "Rimini Yacht". Acquista auto di lusso in leasing e imbarcazioni di lusso con documenti chiaramente falsi, e le rivende a ricchi acquirenti. Un mare di soldi. Ma a gioco neppure troppo lungo il marchingegno s’inceppa. Vengono al pettine mille magagne, e lui prova a salvarsi con ogni mezzo. Paga 260mila euro ai finanzieri che gli fanno i controlli in ditta. Il tramite è un ex generale della Finanza, nel consiglio di amministrazione di "Rimini Yacht", suicida nel 2010, durante una perquisizione domiciliare. L’abile trucchista patteggia una pena a quattro anni e quattro mesi. In seguito prova a quotare la società in borsa attraverso il commercialista Flavio Carboni, condannato nel 2018 per la vicenda della P3. Il bugiardo professionista aveva promesso a Lolli, personaggio evidentemente provvisto di fantasia infinita, un prestito del Monte Paschi, mai avuto. Sotto processo a Bologna per corruzione, l’incorreggibile inventore di soluzione acrobatiche viene accusato di una mezza dozzina di altri reati dal pm di Rimini, Davide Iacolani.

La fuga in barca è data 2011, mentre i carabinieri di Rimini e la Capitaneria di Porto recuperano yacht in Italia e all’estero. Bertran, Aicon, Azimut, Galeoni, e auto di lusso. Ferrari, Lamborghini, Maserati, e orologi Cartier, Patek Philippe, e gioielli, quadri, soldi, per un valore complessivo di 300 milioni di euro. Il frutto di giri e raggiri del grande imbroglione. A Tunisi gode dei favori della famiglia del presidente Ben Alì. La protezione svanisce durante la primavera araba. Privato del paracadute, viene espulso via mare. Arriva a Malta e punta in direzione della Libia, schivando l’arrivo delle motovedette che lo vogliono arrestare. Doppia e tripla vita vissute pericolosamente. Lolli a Tripoli in piena rivoluzione. Arrestato, riesce a evadere dal carcere mentre in Libia impazza la guerra contro Gheddafi. Si unisce alle milizie con il nome di Karim. Si segnala per le sue capacità marinaresche, addestra i miliziani a guidare le motovedette, gestisce la costa. E secondo i magistrati italiani anche il traffico d’armi.

Un personaggio multiforme nel suo essere truffaldino. "Lolli è un soggetto di elevatissima pericolosità, che si occupava di garantire alle milizie rifornimenti di armi", affermano il pm Sergio Colaiocco e il Gip Cinzia Parasporo. "I rifornimenti avvenivano via mare, potendo disporre di almeno due mezzi navali fatti arrivare dall’Italia". Travolto delle sue manie di inguaribile esagerato avventuriero, il pirata ora è in carcere. Pare inevitabile che buttino la chiave della cella di Regina Coeli.

Franco Esposito