Le piazze delle "sardine" continuano a essere colme oltre ogni speranza (tranne a Taranto), sabato 14 dicembre a Roma si chiuderà la prima fase di questo inatteso e travolgente movimento. Per il 15 è previsto l’incontro tra gli animatori di tutte le sedi. Comincerà il "dopo", l’organizzazione della spontaneità. E comincerà a profilarsi un’identità che ancora si presta a interpretazioni assai divergenti.

Queste "sardine" piacciono a troppi, si dice. E chi piace a troppi è quasi sempre innocuo (fino a un certo punto, però: Mani Pulite dopo alcuni mesi entusiasmava gran parte dell’Italia, giustamente, fortunatamente, la sciagura è stata che il fuoco concentrico dell’establishment abbia paralizzato e poi ucciso la nascente rivoluzione della legalità, di cui l’Italia continua ad avere più che mai bisogno). Che piacciano a troppi è certo.

Piacciono molto anche a Giuliano Ferrara, da un quarto di secolo il leader intellettuale della destra più massimalista, (oltre c’è la destra anticostituzionale ed eversiva dei Salvini, Meloni & Co). Con un entusiasmo prosastico fin qui riservato solo al Cav. dei tempi d’oro, Ferrara si è spellato le mani per lo "spettacolo rassicurante" (opposto al "popolo gognesco dei fax di Mani Pulite" e ai "tristi girotondi", esultando per "un movimento spontaneo di fiancheggiamento dell’establishment. Ma che cosa si può chiedere di più dalla vita?").

Ferrara spaccia per descrizione il suo personalissimo wishful thinking, dilatando oltre ogni legittimità ermeneutica alcune frasi (od omissioni) del loro "manifesto". Che in realtà è un manifesto di stile politico, più che di contenuti programmatici (benché assumere come stella polare la Costituzione, da sette decenni inapplicata, è già uno scheletro impegnativo di progetto, e lo slogan è lo stesso dei fax pro Mani Pulite, dei Girotondi e di tutto quanto fa orrore a Ferrara e lo mette in uggia). Le "sardine" sono un movimento magmatico, tumultuosamente in fieri.

Un embrione ormai esploso, senza un Dna preciso, però: dunque potrà evolvere secondo linee assai differenti. Qualcosa comunque già sappiamo. Partiamo dai due soggetti principali, i fondatori e i cittadini che si mobilitano. I quattro amici trentenni di Bologna, che hanno lanciato il primo appuntamento, sono decisamente antifascisti (ma questo dovrebbe valere per ogni cittadino, visto che la Costituzione, il patto che tiene tutti noi italiani insieme, che ci rende con-cittadini, nasce dalla Resistenza e ne esprime i valori). Decidono di ribellarsi e chiamano alla mobilitazione in piazza quando la politica diventa barbarie, diventa Salvini e i suoi pasdaran.

Alla politica becera rispondono con la mobilitazione insieme allegra e seria, una sorta di festa permanente della Costituzione. Non invitano i partiti, ne diffidano, ma non sono contro. Probabilmente sono di quei cittadini che vorrebbero che il Pd assomigliasse più a loro che ai dirigenti del Pd, e sperano che una qualche metamorfosi del genere sia ancora possibile. Le decine di migliaia di cittadini che scendono in piazza al loro invito, città dopo città (e un mare a Roma sabato 14, speriamo), hanno probabilmente sensibilità politiche diverse, in quello spettro (in entrambi i sensi della parola!) che si definiva un tempo "sinistra".

Un fatto li unisce, però. Se quattro amici lanciano il segnale, si mobilitano. Alle convocazioni del Pd, da anni hanno fatto orecchie da mercante. Se a Bologna, con le stesse parole d’ordine, la manifestazione anti-Salvini l’avesse convocata il Pd si sarebbero trovati in quattro gatti meno qualcosa. Il che viene a dire: quattro amici della società civile li prendiamo sul serio, sono credibili, ci fidiamo, i dirigenti del Pd no. Questa oggi è l’essenza del movimento che si sta formando, la materia della galassia "sardine". Si tratterà di essere coerenti con questo fatto e con la volontà di applicare, realizzare, praticare, la Costituzione.

Vedremo come organizzeranno la manifestazione del 14, la prima con programmata visibilità nazionale (se qualche rete televisiva facesse davvero informazione la darebbe in diretta, ovviamente). Quali temi sottolineeranno, come cominceranno ad articolare in obiettivi di lotta quell’esigentissimo programma che è l’attuazione della Costituzione. Che forme organizzative si daranno, come selezioneranno i propri leader (che ovviamente dichiareranno di non essere tali), come affronteranno prima o poi le scadenze elettorali, quali campagne "pro", e non solo "contro" decideranno di lanciare.

Vedremo se saranno un fuoco di paglia, come siamo stati (colpevolmente!) noi Girotondi (per cui lo spazio della sacrosanta protesta è stata monopolizzata per dieci anni dal Vaffa di Grillo), o se sapranno dare corpo alla speranza di "giustizia-e-libertà" che a livello di massa continua a percorrere come un fiume carsico la società civile democratica, da trent’anni, senza riuscire a trovare mai la sua adeguata espressione politica. Vedremo. Ma l’esito dipenderà anche dal non essere semplici spettatori, dall’impegnarsi in questo magma.

PAOLO FLORES D'ARCAIS