C’erano una volta le inconsolabili vedove di Sarri. Ora vanno di moda le tormentate vedove di Ancelotti. Si sprecano narrazioni (gran termine immaginifico) sul passaggio del secolo: Ancelotti-Gattuso. Chist’è ‘o paese d’’o sole. Di sole vedove. Nel bene e nel male, una volta si diceva "meno male che Carlo c’è". Il Napoli perdeva? Meno male che Carlo c’è. Il Napoli pareggiava? Meno male che Carlo c’è. Non ha portato bene e Carlo ora non c’è più. Mentre la squadra si scioglie al contropiede del Parma e Gattuso perde al debutto, le vedove tormentate di Ancelotti gemono "molto male che Carlo non c’è". E urlano al tradimento. Ancelotti tradito da De Laurentiis, tradito dalla squadra, tradito dai risultati (24 punti persi in quindici partite di campionato). Non è stato tradito dalla Champions dove ha conquistato gli ottavi di finale, come Mazzarri e Sarri, niente di più. Ma è stato tradito dalla Coppa Italia (fuori ai quarti), è stato tradito dall’Europa League (fuori ai quarti).

La nobiltà di Ancelotti non si discute. È al di sopra di ogni risultato. Il suo è stato un Napoli crociano: Napoli nobilissimo. Ancelotti sprizza empatia. È amabile, genuino, disponibile. Un signore. In sedici anni da calciatore e in ventidue da allenatore non s’è fatto un solo nemico. Per il suo garbo. Ne parlano tutti bene. Gli vogliamo bene. Gattuso, no. Con Gattuso il Napoli perde la nobiltà di Ancelotti e diventa una squadra vasciaiola. Con Gattuso, solo grinta, barba, baffi e nessuna nobile idea di gioco (dicono). Squadra proletaria, muscolare. Ma dove sono i muscoli del Napoli, formazione leggera? Con Gattuso si retrocede all’epoca di Mazzarri. Un’epoca in maniche di camicia, un’epoca tamarra. Gattuso ha le sopracciglia basse, immobili. Ancelotti ha il sopracciglio nobile e mobile. Non c’è paragone. Gattuso ha la faccia scura degli emigranti, Ancelotti ha il faccione chiaro dei gentiluomini. Gattuso ha una pescheria in Calabria, Ancelotti ha una villa in Canada.

Non c’è paragone, non c’è paragone. Era bello il matrimonio fra De Laurentiis e Ancelotti, di spalle con le pistole di 007, a passeggio per le stradine di Capri, al tavolo del tressette. Perché è finito? Perché Ancelotti è un allenatore di gran lusso e molto lussurioso. È un allenatore da una botta e via. Se si escludono gli otto anni sulla panchina del Milan, dura poco ovunque. Vince e viene esonerato. A Napoli neanche vince e viene esonerato. Un’eccezione. A Napoli il nobile Ancelotti è durato 53 partite di campionato. Vediamo altrove: Juventus 82 partite, Chelsea 76, Real Madrid 76, Paris Saint Germain 57, Bayern 40. Ma se divorzio c’è stato a Castelvolturno non è solo colpa delle botte e via di Carlo, ma anche dell’infedeltà di Aurelio che mentre diceva di voler mettere su casa con Carlo e averlo a vita, bene mio, core mio, trescava con Gasperini e poi voleva fidanzarsi con Allegri, Spalletti e Gattuso, però uno per volta. E, allora, perché tanto stupore e grandissimo dolore per questo divorzio? Perché, dileguatesi le vedove di Sarri, sciamano in città (sciamano?) le vedove di Ancelotti?

Ma perché Ancelotti è adorabile e Aurelio è un miscredente. Con Gattuso si può bere un aperitivo, ma a cena si va con Ancelotti che ha tanto da dire e raccontare. Non ci saranno mai vedove di Gattuso. Con Ancelotti eravamo nobili, quel nobile tic del sopracciglio salterello, il gilet di lana a grandi bottoni sotto la giacca ampia di benestante. Con Gattuso simm curt e nire, e simm d’’o Sud. Che vergogna. Di questo, ormai, si parla a Napoli allontanandosi ogni interesse per la squadra degli ammutinati e dei falsi redenti, e le vedove di Sarri incrociano le vedove di Ancelotti, e tutte si fanno il segno della croce, e meno male che noi ci siamo e in qualche modo andremo avanti. Intanto, Gattuso scopre la debolezza di una squadra in disfacimento, così consegnatagli dal nobile Ancelotti che poco l’allenava e poco la titillava col suo magistero ex cathedra, tutti fummo e niente arrosto, e così è stato giocoforza sostituire l’arcivescovo Ancelotti col prete di campagna don Gennaro Gattuso.

E adesso vediamo per chi suona la campana. È tornato il 4-3-3 dopo il medioevo del 4-4-2. Ma non c’è nessun 4-3-3 se dal campo scompaiono tre pilastri (Koulibaly, Callejon, Insigne) e se la squadra, a furia di voler vincere, perde prendendo il solito gol dopo un calcio d’angolo a favore, e uno scivola a destra e uno scivola a sinistra. Tra le vedove di Sarri e le vedove di Ancelotti, c’è questa squadra vedova di se stessa e stiamo tutti a chiederci com’è stato possibile. È stato possibile perché, smontato il giocattolo, è successo come con i mobili componibili Ikea: nessuno è stato capace di rimontare il giocattolo. Però meno male che Carlo c’era. E ahi quanto a dir qual era è cosa dura.

Mimmo Carratelli