Gente d'Italia

Provincialismo e ciucci vagabondi

Agli abitanti metropolitani, ormai inchiavicati in una sorta di limbo di ingranaggi ripetitivi, colonne di traffico e smog salutare, ispirava tenerezza e ironia, anche perchè non era raro che "immigrati" delle province, da noi etichettati "cafoni" calavano sulla città di mare, ed in particolare, nel campo dell'istruzione, di ogni ordine e grado, avevano successo per il loro particolare, tetragono approccio alla fonte della cultura. Ad esempio il mio professore di latino e greco ricordava con orgoglio le notti trascorse sui libri, alla luce delle lampade a gas, dal momento che per buona parte della giornata saltava la corrente elettrica. Negli anni, in una "osmosi inversa" i cittadini popolarono la provincia, per scelte di vita modaiole o ristrettezze economiche, mentre gli altri colsero, al contrario, un traguardo agognato da tempo, l'opportunità di sentirsi partecipi di una società metropolitana. Intere generazioni nate dall'inevitabile connubio resero alla città metropolitana, spugnosa e ingorda come la sua struttura tufacea e le viscere laviche, nuova linfa culturale, impulso abitativo incontrollato ed il riemergere di antichi mestieri, ma è stato fuoco di paglia. La giusta alchimia non è riuscita. Nasce il provincialismo napoletano da periferia del Paese. La nobiltà decaduta di una città che non ha mai staccato il cordone dalla signoria in stile borbonico, interessata al "volgo" solo in senso feudale, si è lasciata scivolare nel falso moralismo agricolo, declinando del tutto la propria signorile apertura mentale, alla ricerca di nuovi confini culturali nazionali o puramente etnici. Condannata da una serie impressionante di fallimenti sociali, economici e di nuovi orizzonti, sistematicamente perduti. Napoli, la grande città metropolitana, sconnessa e dissestata, ha pagato dazio al crescente decadentismo intellettuale, tranne rarissime eccezioni, ed ha finito per scivolare agli ultimi posti di una classifica che la "cestìna" per qualità di vita, nonostante conservi una passione indomita ed una bellezza sfolgorante, oggi solo latente, difficile, onerosa da scoprire. L'archetipo di pressapochismo che ci definisce oltreconfine, è stato da noi già controbattuto con la nostra idea di napoletanità, ma sorprende come, chi partecipa a rendere vivo questo giudizio oleografico altrui siano opinionisti ed anche alcuni giornalisti, che cercano una strana catarsi nazionale, inondando l'etere e la carta stampata di commenti quanto meno sempliciotti, riduttivi e poco ortodossi. Non credo di offendere la categoria, onorata da tempi immemori da firme prestigiose, se affermo che la volgarità, il turpiloquio non siano degni del vocabolario di costoro. Eppure, i recenti avvenimenti che hanno caratterizzato uno scorcio importante - anche troppo, a mio avviso - della quotidianità cittadina, il calcio, mi hanno lasciato perplesso. Hanno dimostrato che c'è un oggettivo scollamento fra popolo napoletano ed opinionisti, od opinion makers, come si usa dire: il popolo è stato più onesto, diretto, sagace e comprensivo. Invece di quello popolare, è emerso prepotente tutto il "provincialismo intellettuale" di questa ex-metropoli. Se ne sono sentite e scritte di cotte e di crude Ancelotti, un professionista di cui, dico, "nessun" dirigente o calciatore con cui ha lavorato, ha mai espresso un'opinione negativa, è stato esposto ad una graticola mediatica, grazie anche ad un Adl, che incomincia a mostrare evidenti scompensi comportamentali, e a causa di un manipolo di calciatori, sobillati da un Insigne, rimasto top player soltanto "in nuce" e capitano irresponsabile. Ancelotti ha commesso uno sbaglio "primordiale", accettare il Napoli. Uno come lui, abituato a primeggiare, avrebbe dovuto capire che in una società dalla "pagnotta dei conti virtuosi", non si possono sognare titoli! E allora tutti addosso all'allenatore dalla sana provincia emiliana, non il popolo della napoletanità! Ad una opinionista che ha usato epiteti volgari sul proprio profilo social per controbattere chi criticava l'ineleganza dell'esonero di Ancelotti, dico: questo è becero provincialismo! Ma, ormai, Calcio Napoli a parte, questa città provinciale è piena di ciucci vagabondi.

ANONIMO NAPOLETANO

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