In una lettera di commiato inviato alla comunità, l’oramai ex ambasciatore Gianni Piccato, come da copione, si è reso protagonista di alcuni auto-elogi per quel da lui portato a termine in questi 4 anni e due mesi di permanenza a Montevideo. Non stiamo qui a discorrere se il suo lavoro sia stato apprezzato o meno, questo lo dovrà dire la collettività. Collettività che, a dire il vero, nel corso dell’ultima conferenza che ha tenuto alla Casa degli Italiani lo ha assolutamente snobbato: poche le persone che sono ‘accorse’ per ascoltare le solite storie di chi è bravo e chi no (in quanto ad auto-incensarsi, non è secondo a nessuno). Insomma, in quell’occasione l’ambasciatore è stato assolutamente snobbato dalla gente. Chissà, forse una risposta proprio al suo essere elitario: perché Piccato, in questi anni, a volte così si è dimostrato. La decisione di non far onorare la festa della Repubblica Italiana il 2 giugno nella sede deputata per eccellenza, l’ambasciata stessa, non c’è sembrata una mossa per il popolo. Ma una dimostrazione quasi di onnipotenza del tipo ‘qui ci viene chi dico io, gli amici sì’. Con un benservito al popolo che avrebbe dovuto rappresentare. Scorrendo la lettera, l’ambasciatore ha scritto tra le altre cose “che ha evitato di indulgere a facili compiacenze con i potenti ed i prepotenti di turno, avendo come unico punto di riferimento l’interesse per il servizio a favore del mio Paese e dei suoi cittadini”. Lei è sicuro, Piccato, di quel che ha scritto? Davvero il suo unico punto di riferimento è stato l’interesse verso la gente? Sicuro sicuro? Noi, come al nostro solito, facendo i giornalisti, siamo chiamati a fare domande. È buona consuetudine, caro ambasciatore, rispondere. Lei ne ha ricevute da noi di punti interrogativi, ma lei ha sempre preferito non inviarci gli esclamativi: non ha mai voluto risponderci e la gente non ha mai avuto il piacere di leggere il suo pensiero in merito alle nostre (legittime) domande. Nella sua lettera va avanti dicendo che è “risultato scomodo per taluni che non hanno esitato in questi anni a tentare – sistematicamente ed inutilmente – di delegittimare il mio operato e denigrare la mia persona…” parlando poi di meschinità eccetera eccetera. Perché, caro Piccato, non fa i nomi di questi cattivoni che, immaginiamo, hanno avuto l’ardore di non pensarla come lei? Magari c’è ‘addirittura’ chi si permette di mettere in discussione il suo operato? Dovrebbe sapere che l’Italia è una Repubblica dove vige ancora il diritto di cronaca e di critica… A noi avrebbe anche fatto piacere avere un contradditorio con lei, più volte abbiamo chiesto di spiegarci il perché di alcune scelte… senza però avere mai risposte.
Ma torniamo alla lettera ed esattamente al punto in cui dice “lascio alla comunità degli Italiani e degli italodiscendenti dell’Uruguay di giudicare il mio operato… Che siano essi e le Associazioni e le Istituzioni che li rappresentano ad esprimere – con autorevolezza, obiettività ed onestà intellettuale – la loro opinione”. Come anticipato qualche riga sopra, forse il suo operato non ha lasciato particolarmente il segno visto che la cittadinanza ha pressoché ignorato la sua ultima conferenza. Insomma, potrebbe essere già questa una risposta. Anche il Comites e il Cgie, in merito alla nuova sede del Consolato, sono sempre stati critici con lei… e anche sul flop del voto del marzo 2018 che ha visto la partecipazione di appena il 24% degli aventi diritto. Insomma, Piccato, la comunità degli Italiani e quella degli italodiscendenti dell’Uruguay, secondo noi, le hanno già risposto. Così come Comites e Cgie. Ma siamo sicuri che per i suoi amici il suo operato è stato di altissimo livello. E allora contento lei, contenti tutti. E buon rientro a Roma.