E’ la Liguria del Ventiventi una terra separata, praticamente irraggiungibile senza gimkane autostradali, ondeggiante tra le ribellioni separate, soprattutto dei sindaci del Ponente lontano sei, sette ore da Milano e Torino, dieci da Roma, e una campagna elettorale regionale paradossale.

C’è un candidato pre-vincente, il governatore uscente Giovanni Toti, uscito da Forza Italia, leader di un Movimento,”Cambiamo”; che esiste solo in Liguria, contrastato dagli gnomi del centro sinistra e dagli arruffoni dei Cinquestelle, che un candidato non lo trovano neppure a morire.

E dire che Toti viene da Milano, ai tempi dei Visconti considerata terra dei Liguri. Ma da allora son passati secoli e secoli. A quattro mesi dal voto sfornano nomi a raffica di docenti universitari, rettori dell’Ateneo, giornalisti, avvocati, perfino saggisti, ma la giostra non si ferma.

E’ la liguria Ventiventi una regione dove si celebra il più grande processo italiano, quello per il crollo del ponte Morandi, foriero di grandi sorprese e intanto capace di mettere in crisi il totale del sistema infrastrutturale italiano con l’elenco uscito nei giorni scorsi di duecento gallerie in stato critico, delle quali il 50 per cento sono in Liguria, dove, in quella denominata “Bertè” sulla autostrada A 26, Voltri-Gravellona Toce, due tonnellate e mezzo di cemento sono caduti sull’asfalto, sfiorando le auto miracolate che passavano in quel momento.

E’ la Liguria, a 17 mesi dal Morandi, la terra dove il cantiere più seguito al mondo, quello per ricostruirlo, prende fuoco, incendiando un nuovo pilone che si è acceso in cima per una scintilla che ha dato alle fiamme migliaia di metri cubi di polistirolo piazzati per garantire la flessibilità delle campate: ora le misure di sicurezza installate dopo questo incidente rallenteranno i tempi della costruzione.

E’ la Liguria Ventiventi diventata il terreno di scontro più aspro tra le concessionarie autostradali che sono sotto accusa per una manutenzione ridicola della propria rete e che fanno capo alla famiglia Benetton in primis e al gruppo Gavio e il Governo, che da diciasette mesi nelle due colorazioni, giallo verde e giallo rosso, non ha ancora partorito la revoca delle stesse concessioni, basculando come il pilone incendiato tra la revoca, multe salatissime e altre soluzioni.

Intanto, mentre il fuoco rallenta il nuovo ponte, il sindaco-commissario Marco Bucci, vera anima della Ricostruzione si chiede angosciato: “ Ma quando il nuovo ponte sarà terminato a chi lo consegno, a una concessionaria pronta ad essere revocata, se non, in quel momento, già revocata, all’Anas subentrata in un esercizio quanto meno provvisorio? Con chi si collega questo chilometro e 150 metri di nuova infrastruttura costruita in tempi record? Come si stabiliranno i collegamenti tecnici, ma anche quelli amministrativi, una volta che finalmente il nuovo ponte libererà il traffico, solleverà Genova, riunirà i pezzi nei quali è stata divisa per diciassette mesi, che magari diventeranno venti, ventuno,ventidue?

La Liguria Ventiventi, a parte il ponte, è già separata, divisa e irraggiungibile, perchè l’effetto a cascata delle indagini sul Grande Crollo ha fatto fiorire sulle centinaia di chilometri della sua rete autostradale decine e decine di cantieri “preventivi” o “manutentivi”, che riducono il percorso a una corsia, strangolano il traffico, lo obbligano a salti di corsia continui dove si incolonnano migliaia di Tir, il traffico fisiologico di percorsi che collegano i porti di La Spezia, Genova Sampierdarena, Genova-Prà Voltri, Savona e ora Vado dove, beffa delle coincidenze, è stata inaugurata, tra un crollo e una frana, una grande piattaforma per meganavi portacontainer, che doveva incrementare il traffico e, invece, finirà per strangolarlo definitivamente.

Blitzquotidiano ha percorso i tratti stradali più cantierati, sulla tratta Genova-Savona-Imperia ed ha constatato come i lavori in corso, che obbligano a corsie uniche e a code eterne, consistono prevalentemente nella posa dei birilli riducenti le carreggiate, ma operai al lavoro non se ne vedono quasi mai.

E’ come se le riduzioni fossero studiate per ridurre il peso sui viadotti e sui punti ritenuti fragili del percorso, che scorre prevalentemente tra ponti e gallerie, quelle gallerie che secondo i rapporti del MIT, il Ministero dei Trasporti sono critici al 50 per cento. Fino a quando?

In questa Liguria Ventiventi la protesta per ora è quella forte e civile dei sindaci del Ponente che si sono già riuniti in diverse assemble a Imperia e ad Alassio per spingere soluzioni salvifiche di un territorio che vive di collegamenti e infrastrutture e se glieli soffocano rischia l’isolamento logistico, turistico, economico.

Da Ponente chiedono con la fascia tricolore da primi cittadini indosso la costruzione di una nuova autostrada, già progettata, la Albenga-Carcare-Predosa, capace di assorbire molto traffico della A10, della A6 e dalla A 26 e la velocizzazione di quell’unico tratto ferroviario non ancora raddoppiato tra Andora e Finale Ligure, che consentirebbe alla linea Genova Ventimiglia, ma in chiave più europea tra Lisbona e Kiev, di non finire in un collo di bottiglia a binario unico, come si viaggiave nel 1800.

A capo della rivolta del Ponente non c’è un personaggio qualsiasi, ma quel Claudio Scajola, ex ministro di Berlusconi, oggi dopo 17 processi e 16 proscioglimenti o assoluzioni, sindaco indipendente di Imperia per la terza volta, nella sua incredibile carriera di trionfi e cadute. Aspettando la fine del suo ultimo processo a Reggio Calabria, dove risponde di avere favorito la latitanza dell’ex senatore di Forza Italia Antonello Matacena, fuggito tra Dubai e Beirut, Scajola capeggia sindaci e pubblici amministratori dall’alto della sua quasi eterna esperienza di amministratore nel Ponente e a 71 anni rivive con lucido pragmatismo una emergenza che rischia di segare fuori la sua terra e l’intero Ponente.

Quella fetta di Liguria è tornata indietro di oltre cinquanta anni, quando non esisteva l’Autostrada dei Fiori tra la Francia e Savona e i viaggi erano possibili solo sul binario unico ferroviario o sulla millenaria Aurelia. Un solerte giornalista de “Il Secolo XIX”, Marco Menduni, ha provato a percorrere questa Aurelia da Sarzana a Ventimiglia, affrontando semafori, attraversamenti di paesi e città, come, appunto Spezia, Genova, Savona eImperia. Ci ha impiegato 11 ore abbondanti…… Cosa resta per viaggiare in Liguria?

I percorsi via mare, come prima del 1850, ma senza servizi esistenti, neppure gli Aliscafi che negli anni Sessanta del Novecento almeno collegavano Genova con Alassio. La Liguria Ventiventi vive questa situazione di separazione e isolamenti sopportando già da anni consistenti cali nei flussi turistici:i francesi, che riescono ancora ad arrivare a Imperia e Savona, non raggiungono Genova che sopporta una flessione di 70 mila loro presenze rispetto alla stagione precedente.

I danni ai traffici portuali sono già consistenti, in percentuale sul 5 per cento, ma coperti da un riserbo destinato a “proteggere” un allarme ben più alto. I tir in arrivo nei porti liguri o in partenza con i container pieni o vuoti devono spesso mettere in previsione viaggi verso il Nord più lunghi non di ore, ma di giorni.

La Liguria Ventiventi vive questa enorme difficoltà in mezzo a una campagna elettorale che sarebbe già cominciata, ma che non lo è perchè di candidati in campo c’è solo Giovanni Toti, che si considera già il vincitore, forte del suo inarrestabile potere mediatico, declinato in Liguria e fuori e della sua presenza massiccia in tutte le emergenze ligure, da queste infrastrutturali e quelle climatiche e idrogeologiche. In Liguria negli ultimi mesi sono stati proclamati 33 casi di Allerta meteo. In tutti 33 i casi Toti era sempre in diretta Tv a fianco alternativamente del sindaco di Genova Marco Bucci o del suo assessore regionale alla Protezione Civile Gianpedrone.

Si trattasse di alluvioni, mareggiate, tempeste di vento, Toti era sempre lì, h24, rassicurante, facondo, sicuro e anche fortunato perchè le tempeste hanno ferito la Liguria, ma senza vittime e senza danni catastrofici come nel 2018. Con alle spalle l’appoggio di Matteo Salvini e della Lega, qui impersonato dall’ex viceministro Edoardo Rixi, Toti si sente in una botte di ferro, malgrado i capricci di Forza Italia, che ha cambiato in Liguria il suo coordinatore, nominando al posto dell’onorevole Sandro Biasotti il sindaco di Rapallo, Carlo Bagnasco, giovane rampantissimo. Toti vinse a sorpresa nel 2015, sconfiggendo una sinistra che si era suicidata da sola, sbagliando candidature e dividendosi. Oggi questa sinistra è avvoltolata nell’incertezza della scelta del concorrente, affondata in una pratica che in tutte le ultime elezioni locali e nazionali l’ha vista naufragare miseramente.

I disastri precedenti non hanno insegnato nulla a un Pd, che ha appena cambiato il suo segretario regionale, sostituendo il senatore Vito Vattuone, con il più giovane ex consigliere comunale, Simone Farello. Il processo di scelta passa anche attraverso i rapporti con i Cinquestelle, nemici in Liguria, ma alleati a Roma. Come si dipana questo dubbio: ci si allea anche in Liguria, scegliendo un candidato comune o ci si separa nella corsa anti Toti? Gli identikit dei possibili candidati usciti nelle indiscrezioni pubblicate dai giornali “Secolo XiX” e “Repubblica”, sono assimilabili sia a un’ipotesi di alleanza, sia a quella di corse separate. Si è parlato del Rettore dell’Università Comanducci, del docente universitario, ex preside di Ingegneria Massardo, dell’avvocato Giuseppe Giacomini, del giornalista Ferruccio Sansa, ma anche di altri nomi, prevalentemente femminili, come quello del sindaco di Sestri levante Valentina Ghio.

Ma si tratta di indiscrezioni con i nomi fatti salire un po’ su una giostra, magari per capire anche che effetto fa, agli interessati e all’opinione pubblica. E’ difficile che il nome del contendente di Toti esca prima del risultato in Emilia Romagna, come se quell’esito potesse suggerire una scelta piuttosto che l’altra. Certamente sarà una campagna elettorale dura, non solo perchè Toti sembra installato in una roccaforte con intorno tutti i sindaci dei capoluoghi, a parte Scajola, fedelmente schierati a suo supporto e perchè la sua immagine è, appunto, forte e molto presente. Sono le condizioni della Liguria a rendere la partita complicata.

C’è l’emergenza infrastrutturale che il governatore in carica cavalca con forza malgrado le difficoltà e che potrebbe far coincidere il voto alla messa in piedi del nuovo ponte. C’è l’emergenza sanitaria che squilla forte con i malati di tumore costretti a farsi trasportare a Savona o Milano in pulmann perchè le macchine dell’Ospedale san Martino sono rotte.

C’è Genova, che da una parte “strippa” di soldi nelle banche, confermando la sua primogenitura nel risparmio, ma vede la ex banca-mamma, la Carige, ancora in bilico, malgrado una ricapitalizzazione e un nuovo assetto azionario, con gli ex soci di maggioranza, la famiglia Malacalza, ridotti al 2 per cento e con un buco di 450 milioni. Se ne staranno fermi questi azionisti che hanno salvato la banca e ora potrebbero ricorrere contro le ultime decisioni dell’assemblea, che ha approvato l’aumento e il salvataggio in loro presenza, ma senza il loro voto?

Sono le due facce finanziarie di una città che le banche le inventò. Genova capoluogo nel Ventiventi “strippa”anche di progetti, come quello di Renzo Piano per un nuovo Waterfront di Levante, che colleghi il Porto Antico con la Fiera del Mare e il Palasport, attraverso canali d’acqua, come la trasformazione dell’Hennebique, enorme silos granario abbandonato da decenni in mezzo al porto, in supporto alla stazione marittima, come le funivie che dovrebbero collegare le vecchie banchine con le alture del Righi e il sistema dei forti settecenteschi, come la metropolitana o tranvia di superficie in Valbisagno, come il grande parco urbano in Valpocevera, sotto il nuovo ponte. Insomma una marea di idee, quasi tutte da finanziare, foraggiare, futuribili come la sigla Ventiventi.

DI FRANCO MANZITTI