Dal punto di vista economico l'Italia è stata, nel secondo dopoguerra, uno dei Paesi più dinamici del Continente europeo, completando il processo di trasformazione da paese essenzialmente agricolo a grande economia industriale. Attualmente l'Italia rappresenta la dodicesima potenza economica del pianeta per PIL nominale, dietro lCina, Stati Uniti, India, Giappone, Germania, Russia, Indonesia, Brasile, Gran Bretagna, Francia e Messico, ponendosi nel contempo al nono posto per valore delle esportazioni e al settimo per quello delle importazioni.

Quali sono le nostre difficoltà? - L’economia italiana presenta varie difficoltà proprie nella struttura macroeconomica, con particolare riferimento all’elevato debito pubblico e alla disoccupazione che, anche se leggermente diminuita negli ultimi 3 anni, è ancora vicina al 10%LItalia é uno dei paesi europei con il più elevato rapporto debito/pil, che si è confermato per anni il più elevato dell'area dell'euro.  Altro dato preoccupante riguarda l’occupazione che, nel 2007, ha raggiunto il suo livello più basso dal 1992. In media il tasso di occupazione, calcolato 12 anni fa come percentuale di occupati sulla popolazione in età lavorativa, è pari in Italia al 58,7%, a fronte del 65% circa in Germania, del 63% in Francia e del 72% in Gran Bretagna.
La strategia dei settori produttivi - La struttura economica dell'Italia, come emerge dai dati dell’ISTAT, è simile a quella della maggior parte degli altri paesi europei più avanzati. Il settore del terziario rappresenta i due terzi (pari a circa il 69%) del PIL e i punti di forza sono il commercio e il turismo. Quest’ultimo, in particolare, rappresenta una delle attività più redditizie (pari a circa il 12% del PIL totale), grazie all’inestimabile ricchezza culturale e ambientale, un vantaggio competitivo centrale per l’economia. Come abbiamo già segnalato, secondo i dati dell’Unesco 2009, l’Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità, seguita dalla Spagna e dalla Cina.
L’industria, invece, rappresenta circa la terza parte del reddito nazionale,  sostenendo l’export italiano e fornendo l’enorme contributo alla bilancia commerciale nazionale. Quali sono i principali settori produttivi italiani? Il metalmeccanico, tessile-abbigliamento, design industriale e agro-alimentare, che non solo pesano maggiormente in termini di fatturato, occupazione e numero d'imprese, ma che insieme hanno contribuito nel tempo a rendere famoso in tutto il mondo il “Made in Italy”.  Fondamentali nel sistema industriale italiano sono i denominati "distretti industriali", che si trovano all'interno di un sistema-territorio ben definito e costituiti da un fittissimo tessuto aziendale di dimensioni medio-piccole, ognuna specializzata in una specifica fase della filiera produttiva. Anche se come abbiamo più volte dimostrato, l’Italia si basa nelle piccole e medie industrie, il nostro settore industriale si caratterizza anche per i grandi gruppi che hanno fatto la storia industriale del Paese e che hanno contribuito al suo sviluppo, come la FIAT, Pirelli e altri

Soltanto il 2% del PIL deriva dalle attività agricole che, anche se significano una parte marginale all’economia nazionale, rappresentano un elemento strategico e portante per la coesione socio-economica del territorio, disseminato in numerosi piccoli sistemi a vocazione agricola e rurale, presenti in tutte le nostre regioni. È per questo che il settore agricolo significa, per la realtà italiana, un ruolo centrale per il  carattere multifunzionale che contraddistingue il modello agricolo nazionale, un marchio essenziale per uno dei principali valori nazionali come la cucina, la freschezza dei prodotti, l’estremamente sofisticata e secolare elaborazione, contribuendo alla determinazione del benessere sociale ed economico della collettività.

Dal 2008 è necessario ripensare tutto - La crisi scoppiata nel 2008 che non si è dimostrata congiunturale e che interessa in generale l’economia globale, esige ai sistemi/paese un enorme sforzo per ridefinire strategie competitive capaci di rafforzare i vantaggi propri di ogni sistema.  Se consideriamo in questi termini la sintesi che vi stiamo presentando, il modello di sviluppo deve essere, perlomeno, ripensato, puntando sui vantaggi competitivi già esistenticome la ricchezza dei giacimenti ambientali o l’esistenza di una forte identità territoriale, vantaggi che possano essere capaci di supportare sia l’attività commerciale che quella turistica.

Non è difficile pensare che è necessario migliorare dunque, la capacità di investimento per il miglioramento delle grandi infrastrutture, indispensabili per sostenere l’industria e il commercio della NazioneUn altro elemento strategico sul quale il nostro paese sta lavorando da anni con grande successo è la produzione di energie alternative, considerando che, a causa della mancanza di importanti giacimenti, oltre il 60% dell'energia viene importata e, fino a 12 anni fa era il 75%.

Se pensiamo al miglioramento strategico dell’Italia nell’inserimento globale, non possiamo dimenticare due sistemi che, sicuramente, soprattutto negli ultimi annihanno perso punti di forma preoccupante: l’Educazione e la Formazione, ossia la conoscenza. Se dimentichiamo che nel ventunesimo secolo è nata l’era della conoscenza, purtroppo, perdiamo il treno. Dobbiamo dedicare maggiori risorse alla ricerca, alla formazione e all’innovazione, soprattutto considerando in Italia la spesa in ricerca e sviluppo è la più bassa tra i paesi europei e questo evince dai dati dello sviluppo attuale.

STEFANO CASINI