È sotto gli occhi di tutti che il Napoli di Gattuso sta ritrovando una identità di squadra e un gioco che Ancelotti gli aveva negato. Sono arrivati rinforzi funzionali (Demme soprattutto), ma c’è un dato preciso che può spiegare il passo in avanti. In tre partite giocate in nove giorni, campionato-coppa-campionato, Gattuso ha schierato sempre la stessa formazione con l’eccezione di tre cambi obbligati (Meret per Ospina; Mario Rui per Luperto; Demme per Allan). Esattamente il contrario del vorticoso turn-over di Ancelotti che aveva finito con lo spersonalizzare il Napoli. Forse, c’è da rimpiangere che Gattuso non sia arrivato prima. Intanto, ha battuto la Juventus come, in tre occasioni, non era riuscito ad Ancelotti (tre sconfitte). Il passo in avanti è stato determinato da un allenatore umile e appassionato, ancora ex giocatore più che tecnico esperto, che si è "calato" nella squadra, che si è messo al livello dei giocatori, che si allena con loro.

Ancelotti era il pontefice massimo che dispensava i suoi insegnamenti (?) dall’alto e delegava il figlio. Ancelotti ha avuto il grande demerito, dal trono della sua maestria e dei tanti titoli vinti, di non andare incontro alla squadra a disagio nei rapporti personali e col modulo di gioco. Non ha ricucito gli "strappi" dell’estate quando, dopo aver pensato a un Napoli senza Insigne, Mertens e Callejon, ha dovuto tenerli tutti e tre vagheggiando James Rodriguez, mentre la squadra aveva bisogno d’altro, in ogni caso magnificando la campagna-acquisti azzurra. Dopo un anno e 21 partite, Ancelotti non aveva né superato il Napoli di Sarri, né costruito un Napoli nuovo. È anche evidente che il Supremo Maestro, nel caos tecnico e tattico in cui si era infilato, aveva già voglia di andarsene trafficando con l’Inghilterra. Deve avere onestamente riconosciuto il fallimento nonostante le dichiarazioni di facciata (voglio restare a Napoli) in contrasto con le confidenze agli amici (potrei anche andarmene).

Il progetto Ancelotti è morto sul nascere. Oggi se ne dà colpa a De Laurentiis che non avrebbe allestito una squadra "per" Ancelotti. Ma il tecnico, non potendo costruire il Napoli "del futuro", che superasse il ciclo di Sarri, aveva almeno il dovere di tenere in piedi la stagione (conquista di un nuovo posto-Champions) dopo avere dichiarato ai quattro venti che il Napoli 2019-2020 avrebbe giocato per lo scudetto. Gattuso non ha guarito il Napoli perché c’era poco da guarire. Il Napoli non era "malato". Era ancora una buona squadra che Ancelotti aveva confuso e tenuto a distanza, troppo in alto lui rispetto a una squadra di "bambini" irrequieti, delusi e imbronciati e che tali aveva reso lui stesso. Si è detto che Gattuso si è "consegnato" a Insigne e ai senatori della formazione azzurra. Li ha solo riportati nei ruoli e all’entusiasmo che Ancelotti aveva cancellato. Tutto qui. Nessun miracolo, nessuna trovata originale.

Gattuso ha ricomposto la squadra che Ancelotti aveva disfatto. Il Napoli non ha mai giocato "contro" Ancelotti come si vorrebbe insinuare. Giocava male e senz’anima perché così era stato ridotto. Ancelotti non gestiva lo spogliatoio come si pretendeva da un illustre ed esperto uomo di calcio qual era considerato. È rimasto sulle sue dopo avere preso le distanze dai "senatori" per i quali aveva proposto il foglio di via senza ottenerlo. Stava distruggendo Insigne che non sarà un campione nel senso pieno, ma ha indubbie qualità per risultare "l’uomo in più". Non ha mai costruito una difesa affidabile ed è naufragato nell’idea dell’attacco "liquido" senza schemi precisi, ognuno facesse valere le sue qualità. Ha abbassato il valore della squadra e non ha aiutato Lozano a inserirsi dopo averlo ottenuto al prezzo di 42 milioni.

Gattuso ha riportato il Napoli alla normalità senza nostalgie sarriane (nonostante il suo dichiarato "copia e incolla" del gioco di Sarri) e con la concretezza dell’uomo di campo nel rispetto e con l’incoraggiamento dei giocatori a disposizione. Un’operazione semplice per evitare il definitivo scollamento della squadra. I successi su Lazio e Juventus sono venuti dopo i patimenti nelle partite precedenti (quattro sconfitte, tre al San Paolo) che sono state il normale percorso per rimettere il Napoli in linea di galleggiamento. Ora comincia un altro campionato contro squadre medio-piccole e si vedrà se il Napoli di Gattuso ha ripreso a essere una squadra affidabile. Non ci sono obiettivi precisi ed entusiasmanti per tenere alti la concentrazione e il rendimento e, allora, si valuterà se il lavoro di Gattuso è da considerarsi totalmente positivo. Il futuro e la stagione prossima rimangono un punto interrogativo. Ma questo è un altro discorso.

Mimmo Carratelli