È in corso una ribellione nel complesso ambiente della giustizia. Non era mai accaduto che le solite cerimonie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario vedessero una così fitta serie di proteste di "contro manifestazioni", di polemiche E ancora sempre sull’orlo della solita crisi di Governo. È cominciata la rivoluzione per lo Stato di diritto? È il principio della fine della giustizia strumentale? E, per me, sarà, magari il segnale che potrò andarmene con la speranza che chi resta vedrà qualcosa di meglio di questo turpe pasticcio che sembra aver irretito inestricabilmente diritto, processi, giudici e avvocati? Certo, oggi è in atto per la prima volta una vera ribellione. Che sia il principio della vera rivoluzione neoliberale, c’è però da dubitarne assai. Ovunque è in atto la protesta contro la sconcezza della riforma della prescrizione. Si ribellano tutti, tranne forse Alfonso Bonafede. Ma non mi pare che qualcuno abbia saputo ed osato affermare quello che è il vero pericolo di una così turpe boiata. Il pericolo è nel fatto che era ipotizzabile (ed ora sarebbe possibile) strumento di una "magistratura di lotta" per arrivare ad un dilagare di sentenze di condanne di primo grado (anti-prescrizione), fidando nel fatto che la successiva imprescrittibilità dei reati (di quelli veri e delle accuse di quelli immaginari) sottrarrebbe a qualsiasi rimedio, o rattoppo per i condannati a buon mercato prodotti dalla bancarotta del sistema giudiziario italiano. Cioè dalle "impressioni", dagli umori e dal voler seguire l’andazzo dei giudici. Non è un arzigogolo, un "pensar male". Il difetto della giustizia italiana "sta nel manico". Un manico che è divenuto pericoloso in nome e nella "pratica dell’uso alternativo della giustizia", divenuto sempre più alternativo e sempre meno giusto e tollerabile. Ne abbiamo scritto e, spero, ne scriveremo. Ribellione, dunque, contro la bruttura di questo espediente invocato dai magistrati intolleranti di tutto quello che sa di limite e di disciplina per le loro "lotte". Ma non basta la ribellione contro il meccanismo bolso e quasi ridicolo della "prescrizione Bonafede". Ribellione, infatti, non è sempre inizio di una vera rivoluzione. C’è infatti, paura (che essenzialmente di paura si tratta) di parlare di "Partito dei magistrati" che aspira a porsi in una posizione di "comando" rispetto agli altri poteri dello Stato. Se non si aprono gli occhi del Popolo contro l’esistenza di questo partito, come è ipotizzabile una vera rivoluzione? "Il difetto sta nel manico" e finché non si avranno cuore ed intelletto capaci di affrontare la dura ma chiara realtà di una vera rivoluzione che elimini, intanto, lo "squadrismo giudiziario" e, al contempo, il sovrapporsi della magistratura allo stesso potere politico, finché non si vorrà prendere finalmente atto e gridare alto e forte che abbiamo una repubblica in cui partiti ed uomini politici sono in vita finché non dispiaccia al "Partito dei magistrati" (oltre ai vari George Soros che foraggiano il tutto), partito che ha eliminato dalla scena politica uomini di valore e dato una mano ai delatori della Repubblica, alla teppaglia dell’antipolitica, la rivoluzione resterà al più solo una ribellione, uno stato di turbolenza. Mentre occorre una grande vera rivolta dello spirito, in nome della libertà e della giustizia che ne sia espressione. È questa la speranza e l’augurio per gli italiani di domani. MAURO MELLINI