Il pastrocchio del reddito di cittadinanza. Formidabile e determinante veicolo elettorale del M5S, una valanga di voti raccolti dietro la sigla Rdc, e un torrente di falle ad accompagnarne l’applicazione e il godimento da parte dei beneficiari, talvolta molto presunti e non aventi diritto, se proprio vogliamo dirla tutta. Il reddito di cittadinanza che dovrebbe accompagnarsi all’obbligo di un lavoro, quale che sia, comunque dignitoso. Un obbligo puntualmente disatteso, come da facile previsione. Un’incongruenza tutta italiana. Nella fattispecie, targata governo gialloverde. Il punto sulla situazione lascia intravvedere un clamoroso ritorno. A quasi trent’anni di distanza, tornano infatti i "lavori socialmente utili". Solo che stavolta vengono presentati con un nome diverso, Puc. Progetti utili alla collettività. Traduzione: i lavori che possono essere chiesti a chi riceve il reddito di cittadinanza. Con un obiettivo comune, impiegare in modo utile per la collettività le persone che non lavorano e che "percepiscono un sostegno economico dalla Stato". Dovrebbe accadere semplicemente che "a fronte dell’enorme difficoltà di avviare politiche di ricollocamento, l’idea di far svolgere ai percettori del Rdc un lavoretto sembra un dignitoso compromesso". Anche se il rischio è forte: i Puc potrebbero fare la fine dei vecchi Lsu. Otto ore almeno alla settimana sono richieste ai beneficiari del reddito di cittadinanza in progetti utili alla comunità stabiliti dai Comuni. Molto bene, tutto bene. Avanti con i Puc, ma qui si scopre l’arcano. I Comuni non sono pronti. Alcuni, è vero, si sono attrezzati o si stanno attrezzando. A Ginosa, Taranto, il Comune ha deciso di affidare ai percettori del reddito di cittadinanza la gestione della biblioteca pubblica, piccoli lavori di manutenzione, pulizia delle spiagge, raccolta di rifiuti. Ma questo è un caso, magari emblematico, ma sempre un caso. I Puc, in realtà, sarebbero dovuti partire insieme col reddito di cittadinanza, nell’aprile del 2019. Ma i tasselli sono stati aggiunti a poco a poco, per la rubrica prima la frusta, poi si vedrà per il cavallo. Solo l’8 gennaio scorso è stato pubblicato il decreto che definisce forme, caratteristiche e modalità di attuazione dei progetti. Devono attivarli i Comuni, ma sono ancora fermi, in attesa del via libera della Corte dei Conti. La cosa permetterà di stabilire a quanto ammonta il premio assicurativo da corrispondere all’Inail. Nel frattempo, si tengono convegni, si mettono a punto progetti che dovranno essere poi caricati nella piattaforma Gepi. Qualche Comune è più avanti, vedi appunto Ginosa, in provincia di Taranto. Il sindaco Vito Parisi, lista M5S, ha annunciato di aver concluso la fase istruttoria. Sei i progetti approvati a fine gennaio, quelli sopra elencati. Ci sono anche Comuni che si stanno organizzando. E dove, se non in Emilia Romagna? L’Anci ha appena concluso un convegno con i sindacati del territorio e sta collaborando alla realizzazione dei progetti. Incontrati oltre duecento tra funzionari comunali, assessori e sindaci. Coinvolti anche quelli del terzo settore. Reggio Emilia e altri Comuni sono più avanti rispetto agli omologhi disseminati in Italia in quanto proprietari di un’esperienza consolidata. Ma come guardano al Puc i sindacati? In alcuni casi rivendicano "percorsi di effettiva stabilizzazione lavorativa per migliaia di uomini e donne impiegati nei lavori socialmente utili". Persone che vivono in una condizione di precarietà e di marginalità sociale, pur prestando servizi essenziali. "Dalle pulizie nelle scuole alla gestione del verde pubblico". I Puc si presentano come occasione di sfida, identificabile nell’immissione delle persone in un circuito virtuoso restituendo a esse competenze. I percettori del reddito di cittadinanza sono persone svantaggiate. "Se partiamo dall’idea che facciamo fare loro qualcosa perché non rimangano fermi, non arriviamo a nulla". Parla così Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. "Se invece si parte da progetti di utilità pubblica, i partecipanti otterranno anche competenze vere, che permetteranno di ripresentarsi con successo nel mercato del lavoro". Tanti Comuni – vale ripeterlo affinché chi deve intendere avverta la necessità di intendere davvero – non sono neanche alla fase dell’avviamento. I 5 Stelle spingono i propri rappresentanti a presentare interrogazioni per accelerare la redazione dei progetti. A Roma i percettori di Rdc sono oltre 30mila. Gestire così tanti percettori non è facile. A Milano sono 20mila. I Comune intende rivolgersi alle organizzazioni del terzo settore. Altrimenti diventa dura, durissima, quasi impossibile, predisporre progetti e attuarli. Scommesse e difficoltà come derivati di quel mostriciattolo chiamato reddito di cittadinanza.

FRANCO ESPOSITO