François Mitterrand poteva avere una figlia segreta senza che nessun giornale osasse parlarne. Altri presidenti avevano le loro scappatelle, regolarmente taciute. Oggigiorno, tutti ne parlerebbero e un politico rischia di veder finire sulla rete perfino le sue prodezze sessuali. La dittatura della trasparenza, l’invadenza del web e le probabili manipolazioni di gente interessata a influenzare il voto delle comunali di marzo hanno travolto il povero Benjamin Griveaux, pallido candidato sindaco di Macron nella capitale. Vedremo nelle prossime ore e nei prossimi giorni quali saranno le conseguenze politiche della storia. Per ora, limitiamoci a osservare il terremoto che stravolge il mondo politico e quello giornalistico. La politica e il testosterone sono sempre andati a braccetto: un presidente della Repubblica francese, Felix Faure, morì all’Eliseo, nel 1899, vittima di un ictus mentre era con una delle sue numerose amanti. La vita personale era protetta, ma era talvolta utilizzata a fini politici: il direttore del Figaro, Gaston Calmette, venne ucciso nel 1914 dalla moglie di un ministro per aver pubblicato anche dettagli sulla loro vita privata. Gli scandali, come l’affare Profumo nella Londra dei primi anni Sessanta, non mancavano, ma la regola di una separazione tra pubblico e privato veniva in generale rispettata. Oggi, la dittatura della trasparenza a ogni costo è diventata la nuova norma, cui i politici non riescono ad adattarsi. Qualche anno fa, le foto grottesche di François Hollande con il casco mentre si recava dall’amante fecero il giro del mondo, suscitando ilarità e intaccando profondamente la sua credibilità. Oggi siamo al filmino porno, girato e diffuso non si sa bene con quali fini. Ai politici si chiede trasparenza totale su tutti i minuti della loro giornata. E il sesso diventa così il loro tallone d’Achille. La società di oggi impone un certo rigore monastico a chi vuol gestire la cosa pubblica. Possiamo tranquillamente dire che è un andazzo che non ci piace, ma non si può non tenerne conto. Del resto, l’affare Griveaux riguarda anche la stampa. Politici e giornalisti vivono da sempre fianco a fianco, con relazioni a volte conflittuali e a volte incestuose. I giornali hanno perso da anni il monopolio dell’informazione, un campo invaso dalle reti sociali, dai blog, da siti più o meno onesti, da personaggi loschi che sanno utilizzare il web per diffondere il peggio. Internet ci ha reso tutti spioni e spiati. La professionalità dei giornalisti non basta più per contrastare la valanga di voci (e di spazzatura) che circola sulla rete. Il caso del candidato macronista è emblematico. Mercoledì il filmino ha cominciato a diffondersi come un fiume in piena, giovedì tutti sapevano, tutti vedevano. La stampa non ne ha parlato. Ha fatto bene, da un lato, per difendere la vita privata di Griveaux. Ma dall’altro ha sbagliato: la notizia non era più il video in sé, l’intimità dell’uomo politico, ma la diffusione a grande scala sul web, che in poche ore ha costretto a Griveaux a gettare la spugna e a ritirarsi dalle elezioni parigine. La notizia è stata fatta e diffusa dalla rete, la stampa è arrivata a cose fatte. In fondo, è il dilemma in cui si consuma la crisi epocale dei quotidiani: per noi giornalisti, come per i politici, è ancora difficile trovare una risposta allo strapotere del web. Ma come hanno fatto notare molte personalità, anche la democrazia è minacciata dall’uso sempre più spregiudicato e senza limiti del web.

GIAMPIERO MARTINOTTI