"È una giornata tragica per mamma Napoli". Scrive così un validissimo collega campano, Arnaldo Capezzuto. E ha ragione. La meglio gioventù fragile si autodistrugge sotto i nostri occhi e non riusciamo a far nulla. Sembra una terribile maledizione. Un quindicenne muore dopo una rapina finita male: punta la pistola a un carabiniere che apre il fuoco. I familiari del ragazzo si recano al pronto soccorso dell’ospedale campano e, per vendicare l’uccisione, distruggono i locali, tanto da costringere i medici a chiuderlo. Ma se avvolgiamo il nastro di questi otto giorni di "emergenza coronavirus", vedremo quante notizie – molto più gravi del virus – sono completamente sfuggite all'indignazione dell'opinione pubblica.

Siamo al 26 febbraio, quando la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria arresta 65 persone, fra queste il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Domenico Creazzo, eletto soltanto il 26 gennaio scorso. Con lui, capi storici della ‘ndrangheta, elementi di vertice e affiliati di una "locale" dipendente dalla cosca Alvaro di Sinopoli, considerata tra le più attive e potenti dell'intera organizzazione criminale. Ma non è finita qui. La Dda chiede l'autorizzazione a procedere per l'arresto del senatore di Forza Italia Marco Siclari, anch'egli coinvolto nell'operazione. Per il senatore calabrese il reato contestato è scambio elettorale politico-mafioso. A mettere in contatto il parlamentare con i boss sarebbe stato Giuseppe Galletta Antonio, medico ed ex consigliere provinciale di FI a Reggio Calabria.

"Con l'intermediazione di Galletta, Siclari accettava la promessa di procurare voti da parte del Laurendi - scrivono gli inquirenti - in cambio di soddisfare gli interessi e le esigenze della associazione mafiosa. Tra i primi vantaggi ottenuti su richiesta del clan, il trasferimento di Annalisa Zoccali, parente di Natale Lupoi, cognato degli Alvaro, una dipendente delle Poste italiane, a Messina. Con l'aggravante del fatto che Marco Siclari, a seguito dell'accordo, era stato eletto nella relativa consultazione elettorale politica". Siclari è stato eletto al Senato nel collegio uninominale n.4 della Calabria con una percentuale del 39,59%, riuscendo ad ottenere a Sant'Eufemia d'Aspromonte 782 voti, pari al 46,10%, mentre nel limitrofo comune di Sinopoli 435 voti, pari al 63,41%. Ma non è finita qui, tra gli arrestati anche il vicesindaco e il presidente del Consiglio comunale di Sant'Eufemia d'Aspromonte, Cosimo Idà e Angelo Alati.

In questi giorni di coronavirus, il boss Giuseppe Graviano ha continuato a parlare, deponendo in videoconferenza al processo sulla 'ndrangheta stragista di Reggio Calabria "Durante la mia latitanza continuavo a seguire le mie attività economiche". E ancora: dettagli su ciò che già sappiamo, la trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia. Ma non è finita qui, solo per citare alcuni fatti. Il presidente turco, Erdogan, con l’ennesima minaccia all’Europa che lo sostiene a suon di miliardi, ha aperto le frontiere, inviando migliaia di migranti verso il nostro continente. E, sempre per citare qualche notizia sfuggita all'indignazione, dimenticata nel "radar" coronavirus, abbiamo gli arresti a Palermo di due consiglieri comunali: "mazzette in cambio di concessioni edilizie" è l’accusa.

Nel capoluogo siciliano, mentre si parla solo e soltanto di quattro casi di coronavirus confinati in un albergo (dei quali tre già guariti), sembra ripiombare ai tempi del sindaco mafioso, Vito Ciancimino. È sempre il cemento a rappresentare il collante degli affari. Ed è così che un comitato d’affari fatto da consiglieri comunali, funzionari del Comune, professionisti e imprenditori finiscono in manette. Le misure, eseguite da carabinieri e finanzieri, hanno riguardato due consiglieri comunali, di Italia Viva e Partito Democratico, due dirigenti del Comune, due imprenditori e un architetto. Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Milano. La corruzione, gli affari fra mafia e politica, una cultura contro le illegalità che non decolla, la rassegnazione e l’indifferenza di chi dovrebbe denunciare e non lo fa. Questi sono i sintomi del vero virus italiano, molto peggio di quello importato dalla Cina. È la nostra peste. Di questa epidemia continueremo a morire, ma importa molto poco.

PAOLO BORROMETI