Gente d'Italia

Cinque idee per uscire dalla crisi

Coronavirus, 5 idee per uscire dalla crisi. O stabilizzarla. Cinque idee semplici e costose tanto da essere quasi banali. -Idea numero uno. Regalare a tutti gli italiani una nuova caldaia per riscaldamento. -Idea numero due. Dare a tutti i residenti in Italia, italiani, Berlusconi incluso, e stranieri, un reddito di cittadinanza di almeno mille euro al mese. -Idea numero tre. Limitare o proibire l’uso dell’aria condizionata la prossima estate. -Idea numero quattro. Premio una tantum a tutti quelli che lavorano nella sanità pubblica e privata: dai medici ai portantini. -Idea numero cinque. Premio una tantum e aumento in busta paga a tutte le forze dell’ordine a dipendenza statale: polizia, carabinieri, pompieri. Presupposti senza i quali quanto sopra non avrebbe molto senso. Un Decreto del Presidente del Consiglio che dia ai ministri competenti, e solo a loro, o allo stesso Primo ministro e basta, poteri eccezionali e assoluti del tipo di quelli che aveva Bertolaso ai tempi d’oro della Protezione Civile. In caso contrario, tutto si impantanerebbe nella melma della burocrazia.

Un accordo di fuoco tra Pd e M5s per l’avvio di una riforma costituzionale che porti a un drastico ridimensionamento delle Regioni. Conte gode di un consenso straordinario. Ha dato una risposta tempestiva al panico. Lo stanno imitando in tutto il mondo. In molti Paesi lo fanno senza dirlo. Ma la paura è universale. E anche l’insufficienza dei sistemi di governo e di amministrazione della salute a livello globale. I cinesi dicono che hanno vinto il morbo. Ma ve la sentite di credere ai cinesi? Bloccano i siti, fanno sparire la gente, cosa volete che sia per loro un po’ di tarocco di statistiche? Quanto durerà il consenso che ora avvolge Conte? Per quanto tempo ancora ci potrà tenere agli arresti domiciliari? Quando il Pil sarà crollato del 20% come reagiranno gli italiani? Appena ci sarà permesso di mettere il naso fuori di casa, si scoprirà che le misure assunte dal Governo su spinta e pressione di presidenti di Regione inadeguati sono valse a coprire il fragore del crollo di un sistema di amministrazione pubblica. Ma che il coronavirus, lungi dall’essere estirpato, sarà tornato a imperversare, magari previa mutazione.

Palazzo Chigi ha tante uscite, per fortuna di Conte. Se invece Conte sfruttasse il momento che lo vede al vertice della popolarità e i suoi nemici e rivali, Salvini, Renzi e, sullo sfondo ma in cerca di un futuro, Draghi, in un angolo… Il momento è propizio per prendere in mano l’Italia e darle la svolta attesa da mezzo secolo. In precedente occasione, mi sono permesso di indicare sette passaggi chiave per limitare gli effetti della crisi da coronavirus. Ne riprendo alcuni qui, ne aggiungo altri. Sostituendo il parco caldaie degli italiani, si potranno finalmente ridurre quelle polveri sottili che tanto hanno contribuito, o così pare, a indebolire i popoli del Nord Italia. Senza dover continuare con la farsa delle domeniche a piedi. O, peggio, fermare le industrie e riportarci all’età della pietra. Perché già con l’età del bronzo e poi quella del ferro fonderie e officine inquinavano un bel po’. Non ci sarebbe decrescita felice ma emigrazione in massa verso l’Europa del Nord e dell’Est, in disperata cerca di lavoro là dove la fabbriche le hanno tenute in funzione. Sarebbe una misura una tantum.

Quella del minimo di sussistenza, versione aggiornata del reddito di cittadinanza, sarebbe a termine, fin che dura la crisi. Il reddito di cittadinanza era una mossa elettorale per prendere voti soprattutto al Sud. Questa che dico io è un intervento dello Stato in grande stile, per rimettere in moto il volano dell’economia. Dovrebbe anche essere graduata e differenziata fra Nord e Sud, fra grandi città e piccoli paesini. Nessuno può negare che il costo della vita varia secondo la latitudine e la dimensione urbana. Per cogliere la palla al balzo, volessero davvero sollevare le sorti del Meridione, dovrebbero anche ripristinare le gabbie salariali. Ma mi rendo conto che sarebbe troppo per una sinistra che ci preferirebbe morti di fame pur di non dare a Berlusconi quei mille al mese. Gli altri punti non hanno bisogno di molto commento.

Importante invece è capire l’urgenza di interventi di stimolo e di riforma. Anche per evitare che, fra un mese, sei mesi, un anno, che l’incubo del coronavirus finisca o non finisca, ci troviamo commissariati da Bruxelles per conto di Berlino. Non siamo la Grecia, ma rischiamo di fare la sua fine. Il rischio che oggi corriamo nasce da una svolta positiva della politica europea. Salta il Fiscal Compact, liberi tutti. Ma quanto durerà? Siamo a un bivio. E il futuro degli italiani è nelle mani di Giuseppi Conte e dei partiti che lo reggono. La strada è stretta e in salita. Senza limiti di spesa, almeno per qualche tempo, possiamo vederne di tutti i colori. Lo scempio cui si assiste ad ogni appuntamento con leggi finanziarie o mille proroghe, può evolvere in una apoteosi. A meno che Conte punti i piedi, come ha fatto in questi ultimi giorni con la Germania. Questa volta con i politici di mestiere, apprendisti (M5s) o di lungo corso (Pd) che lo circondano e sostengono.

MARCO BENEDETTO

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