Saremo senza la Santa Messa anche a Pasqua. I cattolici praticanti sono chiamati a qualcosa che nella storia della cristianità è avvenuto solo in epoca di persecuzione: l’impossibilità per i fedeli di andare a Messa non solo la domenica ma anche nel momento liturgicamente più importante dell’anno, il Triduo pasquale. Le funzioni sacre saranno senza Popolo di Dio. Questo significa che i celebranti saranno soli, e significa che sarà solo, senza la propria comunità, anche ognuno di noi.

Starà a ciascun credente cercare di corrispondere personalmente alla Spirito Santo lavorando interiormente affinché l’assenza fisica divenga una più profonda vicinanza spirituale. La strada sarà unire la propria solitudine a quella di Cristo e a quella di Maria. La solitudine di Gesù e la mia saranno due solitudini accompagnate, due solitudini che si faranno compagnia.

Il giovedì santo è il giorno in cui Gesù, nel chiuso del cenacolo, istituisce l’Eucaristia: il suo corpo spezzato, il suo sangue versato per noi e per tutti. Un noi e un tutti che, in quel momento di duemila anni fa, erano presenti e partecipi non nella realtà ma nel cuore di Gesù. Egli era solo perché neppure i discepoli comprendevano quanto stava accadendo. Avrebbero capito solo dopo Pentecoste il Mistero che il Maestro stava celebrando con loro e per loro.

Il venerdì santo è, per eccellenza il giorno della solitudine di Gesù. Solo nell’orto degli ulivi, solo davanti a Pilato, solo sulla Croce. Uno dei più antichi salmi ebraici, che la chiesa riferisce al Calvario di Cristo invita i passanti indifferenti a fermarsi a contemplare il dolore di Cristo che però, in generale, rimane un dolore incompreso: "voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore" (Lamentazioni 1,12).

Il sabato santo è il giorno della solitudine di Maria presso il Sepolcro. È per eccellenza il giorno senza liturgia: Gesù sacramentato "non c’è" e noi siamo invitati a riflettere su questa assenza, a guardare Gesù che si fa seme sepolto nella terra per dare frutto. È il momento in cui fare compagnia alla solitudine di Maria. Ella, senza Gesù, è l'unica a credere che il Figlio sarebbe risorto il giorno dopo, e così è anche abbandonata da tutti gli altri discepoli, dalle donne, che guardano a lei con la commiserazione di chi pensa che il dolore abbia portato alla follia.

La domenica è quella di Resurrezione ma anche in questo caso l’evento avviene nel silenzio, quando non c’è nessuno, all’alba: creduto solo da Maria e per il resto circondato da tanti dubbi e paure. Nessuno era presente al momento della Resurrezione. Nessuno. Forse solo la Madre. Chi vuole può credere che Lei fosse lì ma è una pia tradizione neppure raccontata dai vangeli. Quando ci lamenteremo dell’assenza della Messa, ricordiamoci che solo con la Pentecoste – che quest’anno sarà il 30 maggio – questo Mistero diverrà credo della Chiesa, miracolo che si commuove nel Popolo e attraverso il Popolo di Dio.

Il Triduo pasquale è un Mistero intimo, interiore, del cuore di Dio che accoglie lo Spirito del Figlio e ci fa figli. Ma tutto ciò attraverso la vergogna e la solitudine della croce ed invitandoci ad una fede che è chiamata personale per Maddalena, per Pietro, per Giovanni. Ciascuno di noi, guardando in tv il Papa – o gli ormai tantissimi sacerdoti che celebrano in streaming – potrà vivere in profondità la solitudine di Cristo nell’orto degli ulivi, sulla Croce, al Sepolcro, ed essere grato per come, attraverso quel mistero di dolore tutto sulle spalle di un uomo solo, sia passato l’amore, sia passata la salvezza. Per Maddalena, per Pietro, per Giovanni. E poi, attraverso il cuore di Maria e grazie allo Spirito Santo, per tutti noi.

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