Al di là del reprint quotidiano sull’andamento giornaliero degli effetti provocati dal virus, le mascherine costituiscono un tema costante di discussione. E qua e là diventano fatalmente materia di scandalo. Introvabili praticamente nei giorni scorsi, mentre il picco da Covid-19 ancora non era stato toccato, ora sono disponibili in quantitativi normali presso le farmacie italiane.

Ne hanno scorte a sufficienza, anche se procedono, su richiesta, a una distribuzione comunque misurata. Un tot quantitativo a testa, non sono ammesse né accettate richieste esagerate, fuori norma. Mascherine disponibili, ma a quali prezzi? Legittima e pertinente, la domanda riceve immediata risposta. Sulle mascherine alcune farmacie praticano rincari fino al cinquecento per cento. Aumenti vergognosi, inammissibili, toccati con mano in alcune città italiane. Una chirurgica che all’origine costa 0,06 euro viene venduta a 3,5 euro. Una FFp2, costo 1 euro, viene proposta al banco a 12 euro; la versione diciamo così meno costosa, a basso costo, vale 7 euro. Senza contare i racconti (favole, sciocchezze, professioni di banditismo, manifestazioni talvolta di posticcia incompetenza), sulla possibilità di riuso della mascherina.

A Napoli un farmacista titolare di un esercizio nella zona popolare della città raccomanda mascherine in grado di "essere usate fino a 460 volte". Altri le propongono come "lavabili, riciclabili fino a cinque volte". Proprio mentre è in corso una disputa che ha come oggetto le mascherine da parte dei comuni della Toscana, il cui governatore ne ha imposto l’uso obbligatorio. Buone per cinque volte o monouso, come da raccomandazione dei più noti virologi nazionali, in realtà non sempre in sintonia tra loro? Puntuale la consegna porta a porta a Grosseto, le quattro mascherine ogni persona chiuse in una normale busta bianca rettangolare, formato corrispondenza, e lasciata nelle cassette delle lettere degli stabili.

Indicazioni nessuna: sono buone per il riuso fino a cinque volte o vanno intese come monouso? A fronte delle mascherine che continuano a rappresentare la madre di molte discussioni, affiora la bellezza e la tenerezza di gesti che contribuiscono ad alleviare la durezza di questo momento pesantissimo. E a bucarne tristezza e grigiore. Gesti meravigliosi, pregni di sensibilità. Come quello di Biswas Akash Deep, 29 anni, indiano, dottorando alla Normale di Pisa. Donerà lo stipendio di aprile per la lotta del Covid-19. "L’Italia mi aiuta, ora l’aiuto io", la motivazione del gesto che avrà un seguito: in tanti alla Normale faranno come lui, rinunceranno a qualcosa mettendolo a disposizione degli angeli che si prendono cura dei contagiati sfortunati colpiti del virus. "L’Italia ha pagato i miei studi, ora che voi avete bisogno è arrivato il momento di contraccambiare", una sorta di manifesto di Biswas, a significare che il virus potrà ridurci in cattività, ma non riuscirà mai a toglierci l’umanità. Il dottorando indiano in Metodo e scienze molecolari alla Scuola Normale Superiore di Pisa è in città dal 2016. Ha deciso di donare lo stipendio di aprile. Viene da Tezpur, estremità nordorientale dell’India, è di famiglia molto povera. "Per realizzarmi ho dovuto allontanarmi dai miei affetti, quindi so come ci si sente a stare lontani. Capisco il dolore di chi si è separato dai propri cari a causa del virus. I soldi non sono importanti se non servono ad aiutare chi ha bisogno. Questa è la mia seconda casa, mi avete dato i mezzi per vivere". Tenerissimo l’altro gesto. Esclusivo finora, qualcosa che prende il cuore.

Parole all’insegna di una santa totale ingenuità, autrice una bambina di sette anni. Anna, fiorentina, scrive a Babbo Natale, e lo interpella. La domanda è una invocazione: "Ciao, Babbo Natale, puoi uccidere il virus?". Di una bellezza che incanta e stupisce. "Ciao Babbo Natale, come stai, tutto bene? Quanti casi ci sono al Polo Nord?". Nessuno di noi, proprio nessuno, in queste settimane di quarantena, in piena primavera, aveva pensato di rivolgersi a Babbo Natale e al suo mondo fatato. L’ha fatto lei, Anna, che frequenta la prima elementare, privata come le coetanee della scuola, degli amici, delle abitudini. Leggiamo insieme la sua letterina a Babbo Natale, scritta a stampatello con inchiostro rosso. "Mamma Natale tutto bene? Io vivo a Firenze e non ho mai assistito a una cosa come questa. Non vedo i miei amici, parenti e posti da tre settimane. Seguo le lezioni scolastiche a distanza col mio tablet e vivo il mio unico momento di autentica gioia quando ogni tanto accompagno mio babbo a portare a passeggio il cagnolino lungo il Mugnone".

C’è tutto di tutto nella letterina di Anna. Le parole a malapena riescono a compensare il vuoto provocato dalle lezioni di nuoto interrotte, dalle lezioni canto, dai giochi all’aperto, gli abbracci dei parenti. C’è tanto, tutto, grande cortesia e una sincera speranza. "Come stanno le renne? Come stanno gli elfi? Puoi uccidere questo virus? Puoi far sì che si possano vedere i parenti, gli amici, i posti?". La preghiera e la lista dei desideri che solo un bambino ha il diritto di indirizzare a Babbo Natale, in largo anticipo. "Vedi se magari, almeno tu, puoi aiutare i nostri grandi in difficoltà". Da Anna, Firenze, via Italia. "Ciao, Babbo Natale, scrivimi. Grazie. Ti voglio bene". E due cuoricini disegnati con la manina del cuore.

di FRANCO ESPOSITO