Gente d'Italia

Lavorare ai tempi del coronavirus: i racconti di alcuni italiani in Uruguay

In queste settimane di profondi cambiamenti dovuti alla diffusione del coronavirus il mondo del lavoro si sta praticamente stravolgendo. Anche per gli italiani che vivono in Uruguay e che continuano a lavorare nonostante la situazione questo periodo rappresenta un’occasione di importanti trasformazioni in attesa di tornare alla normalità. C’è chi si adatta nonostante il divieto dei viaggi, chi ha solo aumentato quello che faceva già prima e chi invece aspetta con ansia il ritorno in ufficio. Gonzalo Perez è il direttore regionale per l’America Latina dell’università di Deakin in Australia. Viaggiare per il continente è una componente essenziale della sua attività anche se attualmente è tutto sospeso in favore del digitale: "Naturalmente negli ultimi mesi ho dovuto sospendere tutti i viaggi che avevo in programma e credo proprio da qui alla fine dell’anno si continuerà così. La chiusura delle frontiere era inevitabile, nel mio caso già intorno alla metà di febbraio dall’Australia era stata presa la decisione come misura di prevenzione. Lavoro solo con internet, molto Zoom e WhatsApp. Anche prima lo facevo ma adesso è diventato l’unico modo". Nato in Uruguay all’interno di una famiglia di origini italiane, Gonzalo Perez ha vissuto per più trent’anni in Italia, a Roma e non solo. Tornato a Montevideo, tra il 2011 e il 2016 è stato il direttore del celebre Plan Ceibal. Oggi è fiducioso sulle possibilità che gli offre la tecnologia per continuare a svolgere i suoi compiti anche se -avverte- il problema principale riguarda gli studenti che poi non possono viaggiare rinunciando così a quello che è aspetto fondamentale. "Tra le altre cose mi occupo del reclutamento degli studenti e della verifica dei documenti. Tutte queste cose prima era più facile farle nel mio ufficio, adesso cerco di adattarmi dato che grazie alla tecnologia si può fare davvero tanto ma il problema resta". Anche per il produttore musicale Ivan Pantarelli, abituato a lavorare da casa, una parte della sua attività lavorativa attualmente è ferma non potendo viaggiare al seguito del pianista siciliano Fabrizio Mocata con cui collabora da tempo: "Di colpo è stato tutto cancellato, avevamo una tournée tra il Sud America e l’Europa e tanti altri progetti ambiziosi per portare il tango rioplatense in Italia. Per me è cambiato poco perché continuo a lavorare da casa nella produzione ma mi manca molto l’altra metà del lavoro, ossia i concerti. In questo periodo mi sto occupando della produzione di due dischi e anche della grafica e dei video oltre a curare l’archivio che richiede molto tempo". "Questa situazione che stiamo vivendo" -afferma fiducioso- "ci sta insegnando che è possibile registrare i dischi a distanza come io faccio già da diversi anni. Per fortuna adesso lo stanno iniziando a capire anche gli artisti che erano abituati un po’ diversamente". Nato a Roma e in seguito trasferitosi a New York, Ivan Pantarelli ha vissuto tra Firenze e Bologna prima di stabilirsi a Montevideo nel 2014. "Sono preoccupato solo per una cosa" dice nella sua riflessione sul coronavirus tra il presente e i possibili scenari futuri. "Sappiamo che i concerti saranno tra le ultime cose che torneranno a organizzarsi. Non abbiamo idea di quando potrà succedere ma, in ogni caso, organizzare la programmazione dopo la riapertura sarà un casino, forse ci vorrà un anno". Quella del commercialista torinese Roberto Simonato è invece un’esperienza completamente diversa rispetto agli altri italiani intervistati. Per lui il lavoro da casa è stata una conseguenza dell’emergenza sanitaria dichiarata dal governo uruguaiano subito dopo i primi casi un mese fa: "All’inizio uno la prende con divertimento per provare una nuova esperienza ma dopo un po’ inizia a pesare. È vero che lavorare con un computer si può fare anche da casa se ci si organizza ma non è la stessa cosa come in ufficio con i colleghi dove io riesco a concentrarmi meglio. Da casa è tutto più dispersivo e poi è difficile riuscire a staccare". Esperto di questioni fiscali e amministrative, il commercialista pronostica un sistema ibrido nel mondo del lavoro "con l’alternanza tra i giorni in ufficio e quelli da casa. Nel nostro settore questa cosa è possibile. Io credo che il peggio in Uruguay sia passato ma bisognerà sempre attendere e vedere come si evolverà la situazione per cercare di tornare progressivamente alla normalità".

MATTEO FORCINITI

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