E ai bambini e ai ragazzi chi ci pensa? Chi pensa, dopo sei settimane abbondanti di lock down, alle generazioni giovani, ai bambini, agli adolescenti, al futuro? Il virus falcia senza pietà nelle Rsa, ma anche in casa, e molto più silenziosamente senza il boom boom delle inchieste giudiziarie, gli uomini e le donne che hanno fatto questa Italia, risorgendo dalle macerie della guerra.

Ma chi pensa ai piccoli, ai nipoti ed anche ai bisnipoti di quella generazione "magica" della guerra, della Ricostruzione, del boom, di quello che il mondo è diventato decennio per decennio? Sono chiusi in casa dai primi di marzo, in alcuni casi come nella mia Liguria, da due settimane prima. La scuola è diventata quel computer che si accende. O quel tablet dentro il quale devi parlare (per chi ce li ha e sa usarli) e poi i compiti da fare, le interrogazioni "da lontano", l’assenza del contatto diretto con la maestra o i professori, vissuti in ben altro modo. La fine della socialità, amicizia, concorrenza con gli amici e le amiche con i compagni e le compagne. Senza avere ancor maturato bene, soprattutto nel caso dei più piccoli, il principio della socialità, di quel grande equilibratore che è la scuola. Gli studenti di oggi si trovano a casa, dove la madre o il padre, se ce la fanno e sono capaci, oltre a seguirli, nutrirli, farli giocare, comunque impegnarli, devono trasformarsi per forza in maestri e professori di sostegno.

Altro che didattica a distanza, digitale o quel che volete, questa diventa una didattica suppletiva, nella quale le predisposizioni dei genitori possono essere molto diverse: dall’assistenza utile e efficace, al disastro totale. Magari nasci padre o madre, ma chi l’ha detto che sei anche maestro o prof? Da settimane e settimane abbandonati nella reclusione con tempi e metabolismi tutti cambiati, come reagiranno i bambini e i ragazzi, gli adolescenti nella tempesta della loro età spesso cosi difficile, anche e sopratutto nei rapporti interni alla famiglia? Certo: è ineluttabile e, ci si augura, ha un tempo limitato. Ma intanto un anno di scuola si è in qualche modo perduto. Chi stava incominciando a leggere, come avrà continuato?

Chi affrontava l’anno chiave della maturità, che non è solo una prova della scuola, come ci arriva a quel lunare colloquio on line che risolve tutto magari dalla cucina di casa? I bambini e i ragazzi hanno risorse interne e personali che neppure ci sognavamo. Sono creativi, sanno inventare giochi e mondi paralleli in cui vivere, mentre fuori il corona virus imperversa. Superano le difficoltà con uno spirito che le generazioni successive non possono neppure immaginare. Ma non sono immuni da tutto questo e nessuno in questo tempo difficile e buio ha molto pensato a loro.

Sentiamo parlare di fase 2, ma cosa prevede per queste generazioni: la scuola resta chiusa, se ne riparlerà a settembre, chissà come e chissà quanto. Abbiamo vissuto di illusioni, di "buone scuole" che non sono mai arrivate, di grandi investimenti per cambiare una realtà logistica che è ferma da cinquanta anni. Se io torno nel mio liceo di 50 anni fa, lo trovo come l’ho lasciato, stesse aule, stessi banchi, stesse scale…

Distanze tra alunno e alunno in quelle classi, doppi turni? E in quali spazi? Si piange sulle generazioni falciate dall’infezione maledetta ed è giusto. Ma dobbiamo pensare a quelle che avranno in mano questo paese da ora in avanti, dobbiamo pensare alla loro preparazione. Intanto questi ragazzi, questi bambini, sono chiusi in casa da settimane e settimane: facciamo uscire una o più volte al giorni i cani, ma i bambini no. Una ordinanza, sfuggita un po’ improvvisamente al ministro dell’Interno ha scatenato un inferno di polemiche e i bambini che sono usciti lo hanno fatto clandestinamente. O pensiamo veramente che recuperino da soli, grazie alla loro età felice, alla forza della gioventù e dell’infanzia, o dobbiamo pensare a loro, all’handicap che hanno subito.

Il lock down è stato pesante per loro, per i loro genitori trasformati in soggetti altro che multitasking, per le maestre e i prof, che si sono inventati miracolosamente una didattica a distanza, l’uscita non può essere peggio. Deve rimediare quell’handicap e creare condizioni di recupero e di rilancio. Tra tanti comitati, tecnici, commissioni, task force, ci sarà qualcuno che ci pensa?

FRANCO MANZITTI