Ferma trequarti d’Italia, corrono i prezzi. Volano addirittura, diffusi i rincari. L’impennata di frutta e verdura cambia il conto della spesa. Una botta non da poco per le tasche degli italiani alle prese, per mesi, e ancora oggi, con la quarantena, la clausura in casa, e le conseguenze sparse dal coronavirus. Gli aumenti sono certificati dall’Istat, la crescita media dei prezzi alimentari è del 2,8% nel mese di aprile.

Malgrado il generoso tentativo della Grande distribuzione, impegnata a fare da argine e barriera all’aumento. Coop Italia si è spesa moltissimo su questo fronte, a tutela dell’italiano consumatore alle prese con mille disagi causati dall’epidemia. Coop Italia ha mantenuto il prezzo fisso per diciottomila prodotti. Un’opera di bene, questa sì, nel panorama che promette davvero lacrime e sangue per i mesi a venire. All’opposto la politica attuata in generale dai supermercati. Storie che hanno dell’incredibile, come questa, decisamente emblematica: il costo delle arance è aumentato del 24% nel primo mese del lockdown, complice ovviamente la caccia agli alimenti definiti salutisti. I costi logistici sono cresciuti del 30%. Un’impennata ha subito anche il costo dell’aspirina. Ma è l’agro alimentare ad aver registrato il balzo poderoso. Un autentico salto triplo, come nel caso del prosciutto cotto. Il 13% in più, secondo i dati Imea.

Il boom della domanda ha fatto schizzare i prezzi verso l’alto. Diventato alla lunga praticamente introvabile, l’alcol è andato alle stelle. Appartenenti alla categoria delle verdure non deperibili, broccoli, cipolle e cavolfiori fanno anch’essi la loro bella figura nella classifica degli aumenti. I responsabili di Coldiretti parlano di un mercato al centro di una rivoluzione. "Bar e ristoranti coprono 35% degli acquisti alimentari in Italia. Le chiusure hanno messo in ginocchio carne, formaggi stagionati e latte. L’Italia in quarantena con le frontiere sbarrate ha bloccato l’import e l’export. Il virus ha azzerato il contributo che danno di norma i braccianti stranieri: penalizzati i raccolti. La gente, nell’impossibilità di muoversi, pena sanzioni pecuniarie, si è adattata a fare la spesa nel negozio più vicino casa. Lo stop ha spinto alle stelle anche le quotazioni dei peperoni siciliani. A favorirne l’impennata dei prezzi la mancata presenza della concorrenza.

Nessun arrivo di merce da Spagna e Nord Africa. Uno scandalo o che cosa, nei mesi del coronavirus? "Semplicemente le legge della domanda e dell’offerta", spiega la portavoce dell’associazione dei produttori di ortofrutta. Ne vogliamo parlare? Il prezzo delle fragole è salito in maniera vertiginosa negli ultimi giorni. Lo stesso accadrà per le albicocche. È sempre più difficile e costoso per le massaie italiane riempire il paniere della spesa. Laddove risulta parecchio ambigua la situazione delle carni bovine e suine. Un vero e proprio bipolarismo. I prezzi all’ingrosso sono scivolati del 35%; quelli al dettaglio sono rimasti più o meno al livello di dicembre e gennaio. Oppure cresciuti in maniera scomposta e ingiustificata: +11% i wurstel, +6% la carne in scatola.

Salti in alto che vengono giustificati con quello che potrebbe sembrare il classico slogan di mercato: "Vince la domanda, sempre". Questo fondamentale principio sta dando impulso e vita a un momento paradossale. "Malgrado il crollo del loro valore, siamo costretti a macellare i capi bovini e suini", informa non senza provare sconcerto e dispiacere Francesco Tomei di Assocarni. "Le parti più nobili, roast beef e filetto, destinate di solito ai ristoranti finiscono nei congelatori. Sono invendibili". Imposizioni da lockdown: il negozio più vicino preferito per la spesa al negozio più economico. La corsa alle scorte è riuscita a tenere in linea di galleggiamento anche prodotti che sembravano obbligati a una precipitosa discesa. Privato dei consumi legati al cappuccino al bar, il prezzo del latte fresco sul mercato libero è calato del 19%. A fronte di quello di un litro al supermercato, cresciuto del 2%.

Favorito dalle famiglie, forzosamente stanziali nelle proprie abitazioni a fare pizze, il prezzo della mozzarella è cresciuto del 5%. Tra le catene della grande distribuzione, come detto, Coop Italia è stata l’unica a non aderire tra virgolette al caro prezzi. In maniera relativa anche Carrefur l’ha fatto, limitatamente a 500 beni di prima necessità. Succederà cosa nei prossimi giorni, nel pieno della Fase 2? Probabile che si torni intanto agli equilibri a ai numeri di vendite del passato.

Gli ipermercati sembrano indirizzati verso il recupero del terreno perso. E una spinta consistente verso il riequilibrio dovrebbe venire dalla riapertura dei ristoranti. Lo sblocco delle frontiere dovrebbe risolvere il problema di import e logistica. Ma il vero problema è un altro, e grossissimo, chissà se risolvibile in tempi relativamente brevi: la capacità di spesa delle famiglie, investite da profonda recessione.

di FRANCO ESPOSITO