Lite continua, Governo senza pace. L’Esecutivo eternamente sul trapezio, costretto ad un’esistenza che sa di circense. Acrobatica è dire poco, forse niente. Scricchiolii si avvertono qua e là, praticamente uno al giorno, al di là delle dichiarazioni di facciata. Liti che nascono e spesso si sviluppano all’interno dei partiti in maggioranza, bisticci ormai quotidiani tra i Cinque Stelle, attraversati da un numero tale di correnti da far invidia alla Dc di una volta. Attestato su vari fronti, in perenne guerra tra loro, le molteplici espressioni del Partito Democratico. I riverberi delle lotte in famiglia si riversano poi sul Governo. Soprattutto al momento di assumere decisioni che potrebbero rivelarsi vitali. Anzi di più, strategiche. Conti in sospeso a parte, il finanziamento Mes e quant’altro, ad attentare l’unità governativo è ora la questione che riguarda Atlantia e Autostrade. Spinosa assai, ormai necessita di soluzione finale, quale che sia. Siamo invece di nuovo al tutti contro tutti, al culmine di una vicenda che prende le mosse ad un tragico evento. Il crollo del Ponte Morandi, a Genova. Autostrade del gruppo Benetton ha fatto una mossa. Firmata M5S la risposta, In mezzo ai duellanti quella parte di Governo con l’etichetta Pd. Conseguente lo scontro tra i due partiti alla guida del Paese, impegnati a tutto campo contro l’epidemia da Covid-19. Come dire, mancava solo quello, non bastavano i mille impicci quotidiani che rendono palesemente precaria la vita del Governo. Alle Infrastrutture è esplosa la lite. Punto di partenza, la minaccia di Atlantia di congelare il piano straordinario di investimenti per 15,5 miliardi qualora le venisse rifiutata la garanzia statale per il prestito di 1,2 miliardi chiesto a Unicredit. La diatriba riaccende le tensioni fra i partiti al Governo sulla revoca della concessione ad Autostrade. Posizioni distanti e tensione ai massimi livelli. L’holding dei Benetton ha lanciato l’ultimatum. Il Governo cosa risponde? Intanto con un video messaggio su Fb del vice ministro grillino al Mit, Giancarlo Cancelleri. "Non perdiamo tempo, questo è un ricatto", e il dito puntato contro il ministro Paola De Micheli, accusata di "intelligenza col nemico, lei ha fatto una trattativa con Aspi, ma questo dossier non lo conosce nessuno". Proprio nessuno, né il M5S né gli alleati di Governo, tantomeno il premier Conte. Le contestazioni appartengono indubbiamente alla categoria della massima gravità. Il Pd non se l’è tenute, passando al contrattacco. L’ira funesta. "Attacco incomprensibile, così si alimenta solo confusione". Il ministro Paola De Micheli ritiene "inaccettabili le minacce di Atlantia alle istituzioni". Ma il famoso dossier? La titolare del ministero fa sapere "è stato inviato a Palazzo Chigi, la decisione verrà presa in Consiglio dei ministri". Legittima a questo punto la domanda: chi bluffa e chi racconta bugie? Il sottosegretario dem Salvatore Margiotta si premura di far conoscere, per sommi capi, i contenuti del famoso dossier. "Due le possibilità: la revoca e non revoca, che prevede una serie di ristori e misure economiche che Aspi dovrà mettere sul tavolo, se vuole mantenere la concessione". Potrebbe essere questo il punto d’inizio della discussione finalizzata ad un’intesa, fortemente improbabile. "La società deve ripagare i danni, anche ingenti. Perché la vicenda è costata vite umane; vanno inoltre garantiti opere e investimenti importanti". Sordo il M5S a qualsiasi sollecitazione, fermo e compatto (ma chi può dirlo?) sulle proprie posizioni. È intervenuto anche Di Battista. "L’unico modo per farli smettere di esercitare prepotenza è la revoca". La scontro in atto, non una cosa da poco, rischia di spingere all’angolo Conte. Il premier è già in difficoltà di suo. Evidente la presenza di dissidi interni, dal Mes ai concorsi nella scuola. Il presidente del Consiglio è costretto a continue, affannose e faticose mediazioni. "Sarebbe meglio evitare ultimatum e ricatti", prova a liberare il fuoco dalla tanica di benzina minacciosa a pochi centimetri il vicesegretario dem Andrea Orlando. "Aspi non può trattare lo Stato come un bancomat". Si potrebbe ancora rivedere il contratto, obbligando la società a sborsare una valanga di quattrini. Scopo finale, evitare un lungo contenzioso ed eventuali penali. Dichiarazioni, attacchi e contrattacchi, mirano a sistemare una boma sotto la poltrona di Conte. Il M5S si è scagliato immediatamente contro il sì alla richiesta di garanzia del prestito bancario. "No, grazie. Non ci piegheremo ai ricatti. Chiediamo che venga accertata la responsabilità del crollo del ponte Morandi e qui quarantatre morti innocenti. Giustizia deve essere fatta". La holding dei Benetton appare salda nella sua ostinata difesa. "Aspi dovrà raccogliere, per i prossimi anni, circa tredici miliardi per spese di investimento, manutenzione e rimborso dei debiti in scadenza, che rappresentano dieci volte il valore del prestito richiesto contemplato dal decreto Liquidità". Comunque la giri, è bagarre vera. Irremovibili i cinquantacinque soci Atlantia, i renziani pure. "Basta demagogia, non si può attentare alla vita di un’azienda come Aspi e Atlantia, e farla morire. Aspi e Atlantia devono poter accedere al credito". Muro contro muro? Certamente sì. L’aggiramento potrebbe diventare possibile se "Atlantia vuole la garanzia sul prestito, deve prima rinunciare al contenzioso con lo Stato. Non le invento io, la condizioni sono nel decreto". Se è così, si può fare. Firmato Andrea Orlando, vice segretario del Pd.

FRANCO ESPOSITO