La scuola bussa a soldi. Il ritorno in classe a settembre, non più rinviabile o surrogabile con le lezioni online, costerà una barca di quattrini. Cancellata l’idea dei doppi turni, tra i banchi ci sarà il plexiglass, i separatori tra gli alunni, che prenderanno lezioni praticamente isolati l’uno dall’altro. Il distanziamento sarà rispettato in pieno, con buona pace dei dirigenti sanitari. Il plexiglass a scuola, ma quanto costerà e i soldi ci sono a sufficienza per consentire il decollo del progetto?

Laddove è giusto considerare la protesta generale delle famiglie italiane: l’idea della scuola online deve ritenersi fallita. Adottata in piena emergenza, durante lockdown e quarantena, è praticamente morta e sepolta. Tradiva la presa di coscienza, la scuola a scuola è tutta un’altra cosa. Un contenitore tradizionale, antico, di rapporti fra ragazzi, interazioni, e quant’altro. L’aula ha svolto sempre una funzione specifica e non è pensabile una scuola senza contatto tra gli studenti.

Il contatto inteso, sia chiaro, non come soluzione fisica, ma come mezzo per rapportarsi, confrontarsi, discutere, crescere. Impensabile che si potesse rinunciare per sempre – o per un ampio arco di tempo – all’aula, alla lavagna, al rapporto diretto con maestri e professori. Intesi come insegnanti appartenenti a entrambi i sessi. La scuola che riparte dalle aule richiede un impegno economico molto alto. "Serve il doppio dei soldi che sono stati messi finora nel Decreto rilancio". Il parere del presidente dell’Associazione nazionale Comuni italiani è il condensato del pensiero di quanti, e non sono pochi, espongono quotidiane preoccupazioni sull’indispensabile rilancio della scuola.

"Le barriere per separare gli alunni, i soldi ci sono", è la risposta del ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina. La professoressa siracusana da mesi sotto pressione, bersaglio di richieste e contestazioni. Mentre i presidenti di regione, i governatori, fanno notare al premier Conte che "i fondi per riaprire le scuole sono pochi". Sulla scuola il Governo ha messo un miliardo e quattrocento milioni nel Decreto rilancio. "Ne servono almeno altri tre per l’istruzione", obietta l’Anci.

Il ministro Lucia Azzolina ha consegnato una sorta di riassunto delle sue opzioni sul ritorno della scuola a settembre. Prese in considerazione due ipotesi. "Se il contagio sarà ancora presente nel Paese, per dare sicurezza agli studenti potremmo prevedere pannelli in plexiglass". L’altra ipotesi è questa: "Pensare a tensostrutture e opere di edilizia leggera nelle aree esterne dell’istituto". Le ipotesi rappresentate sono il risultato di due ore di videoconferenza sulla scuola.

Cinquantatre interlocutori si sono confrontanti con il ministro Lucia Azzolina. Come suggerito dalla platea davanti al computer, al posto delle mascherine per gli alunni si contempla la possibilità di usare le visiere. "Anche per andare incontro alle esigenze dei ragazzi con difficoltà respiratorie". Confermato, ribadito, il no ai doppi turni mattutini e pomeridiani e alla separazione della classe. L’obiettivo vero è il mantenimento dell’unità. Il ministro non ha accolto i suggerimenti del Comitato per la ripartenza presieduto da Patrizio Bianchi.

"Guardo piuttosto alla rimodulazione dell’unità oraria". I quaranta o cinquanta minuti di lezione al posto dell’ora. La videoconferenza come occasione di parlare di soldi. Il punto dolente della cosiddetta ripresa dell’Italia. Ci sono, non ci sono? Per ora no, i nuovi finanziamenti per la scuola non s’intravvedono. A chiederli sono in tanti, praticamente tutti. Comuni, regioni, sindacati, e il presidente del Consiglio alle otto di sera. Dopo aver chiesto, Giuseppe Conte, ai presenti di spegnere i microfoni della piattaforma Skype, "per non registrare le vostre conversazioni private". Il premier comunque è conciliante, speranzoso, sparge ottimismo attraverso quello che non solo i suoi oppositori chiamano "il libro dei sogni". I soldi dall’Europa arriveranno, assicura Il presidente del Consiglio, "e con quei soldi dovremo fare un forte investimento su scuola, università e ricerca". Finora belle parole, progetti disegnati sulla carta, pura teoria.

"Nel Decreto Italia ci sono 1,4 miliardi di euro per la scuola, gli enti locali dicono che sono necessari almeno tre miliardi", ha tuonato Antonio De Caro, sindaco di Bari e presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani, l’Anci. L’intervento del ministro sul tema ha avuto un effetto spiazzante. Lucia Azzolina, per la prima volta, ha detto: "Da quando ho giurato come ministro dell’Istruzione ho firmato decreti per quattro miliardi di euro". Il premier è intervenuto in videoconferenza nel pomeriggio. Ovviamente si è preso la scena con un intervento non privo di populismo. Un’arringa da principe del Foro. "Sulla scuola ci giochiamo tutti una partita importante. Abbiamo il dovere di guardarci negli occhi. L’emergenza ci ha preso all’improvviso, non è stato possibile organizzare diversamente la resilienza. Abbiamo dovuto chiudere gli istituti scolastici".

Il riassunto preciso delle puntate precedenti, a ben vedere. Poi, via libera a riserve e problemi. "Sulle risorse dobbiamo sempre tenere conto del cerbero che si chiama ragioniere dello Stato. Il centrodestra, con l’ostruzionismo, sta provando a far decadere il Decreto scuola". È pacifico che non ci riuscirà, ma il problema resta comunque in piedi. Ci sono o no i soldi per riaprire la scuola a settembre come si deve? E bastano quattro miliardi? Milioni di studenti di ogni grado e le loro famiglie attendono risposte.

Franco Esposito