La truffa cinese. Una grande truffa davvero. L’indagine della Guardia di Finanza ha prodotto tredici arresti in flagranza di reato. Tredici titolari di ditte tessili cinesi riconvertite all’individuazione di novanta immigrati orientali irregolari e al sequestro di milioni di mascherine. Protezioni comunque tarocche, sprovviste dei requisiti conformi previsti. A Prato i cinesi hanno prodotto quelle distribuite dalla Regione ai toscani. Evidenti il danno economico e i timori sanitari. Funzionava così, ha funzionato così. Decine di lavoratori sfruttati per produrre milioni di mascherine destinate al Dipartimento della Protezione civile e a Estar, la centrale acquisti in sanità della Regione Toscana. Un cinese imprenditore occulto era finito da mesi nel mirino della procura di Prato per alcune sue ditte gestite attraverso prestanome. L’Istituto superiore di Sanità aveva espresso parere contrario alla produzione e alla commercializzazione delle mascherine tarocche.

Ma la Regione Toscana in una nota ha precisato: "Tutti i prodotti acquistati e distribuiti gratuitamente sono stati testati con esito positivo dal Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze". "Giochessa" è il nome dell’indagine condotta sul campo dalla Guardia di Finanza. Chiaro il riferimento alla beffa che le ditte cinesi riconvertite alla produzione di dispositivi di protezione anti Covid-19 hanno portato a compimento. Durante le perquisizioni sono stati individuati novanta immigrati cinesi irregolari e sequestrate milioni di mascherine. La consegna del materiale alla Protezione civile sarebbe avvenuta ieri. Protezione Civile ed Estar si dichiarano parti lese. Stanno collaborando all’inchiesta, unitamente al Dipartimento Prevenzione dell’Asl. Informato immediatamente dalla Regione Toscana, il presidente Rossi ha indirizzato il proprio plauso alla Guardia di Finanza e ai magistrati inquirenti. "Sulla base dei risultati dell’indagine, la Regione valuterà se avviare un’azione legale".

Gli inquirenti precisano che Protezione Civile ed Estar sono parti lese e stanno collaborando all’inchiesta assieme al Dipartimento Prevenzione dell’Asl. L’operazione ha coinvolto 250 finanzieri. Perquisite oltre trenta aziende del Macrolotto pratese. Il fronte dell’omertà è stato frantumato con l’arresto di un imprenditore orientale. L’ambiguo personaggio accusato di aver sfruttato il lacoro di ventitre suoi connazionali, la maggior parte immigrati irregolari o impiegati a nero, costretti a turni di lavoro massacranti fino a sedici ore in laboratori-dormitorio. Un copione già visto, tipico nelle attività gestite dai cinesi in particolare a Prato. Nell’inchiesta hanno poi trovato posto altri due imprenditori cinesi. I fratelli Hang, ora indagati per frode in pubbliche forniture e truffa allo Stato. I due non sono nuovi all’abbraccio con la notorietà fasulla. I media si erano occupati dei fratelli Hang alla fine di marzo. Un chiaro esempio di conversione: il Gruppo Y.L. era passato dall’abbigliamento dozzinale alle mascherine in tnt, il tessuto non tessuto.

Importanti commesse portate a termine, in virtù del fatto che i contatti col settore pubblico, ancora in corso di esecuzione, prevedevano "la fornitura di 93 milioni di mascherine alla Protezione civile e di 6milioni e 700mila a Estar, a fronte di corrispettivi pari a circa 41,8 milioni e 3,2 milioni, al netto dell’Iva". L’azienda dei fratelli Hang riusciva a soddisfare le richieste avvalendosi come contoterzisti e subappaltatori occulti, di aziende dell’imprenditore occulto che ha fatto partire le indagini. E di altre ventisei ditte orientali. "Tutte sospettate – spiega la Guardia di Finanza – quanto meno d’opera a nero e violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro". Tredici titolari di queste aziende indagate sono stati arrestati perché impiegavano "immigrati irregolari". Nelle fitte maglie delle indagini sono rimaste intrappolate anche due società toscane della provincia di Firenze gestite da italiani. Provati gli stretti legami di collaborazione con l’azienda dei due fratelli Hang, e destinatarie anch’esse di commesse da parte di Estar e Protezione civile.

I cinesi in Italia non sono nuovi agli incroci con la centrale d’acquisti regionali. Questa è la seconda volta in poche settimane. La prima a metà marzo: la Cina ha comprato duemila ventilatori polmonari per sette milioni di euro, versati a un’azienda lombarda che aveva svolto funzioni di intermediazione con una ditta orientale. Ma quei dispositivi non sono mai arrivati a destinazione. Secondo la Procura di Firenze, l’acquisto sarebbe avvenuto senza una delibera ufficiale. Questa volta, invece, Estar sarebbe parte lesa. Come pure la Protezione civile. Ieri il Commissario per l’Emergenza, Domenico Arcuri, ha presentato un "esposto denuncia per tutelare il proprio ufficio anche nel prosieguo dell’indagine". Riservandosi di avviare ogni ulteriore azione legale utile a sostegno degli interessi della Protezione civile. Stavolta i cinesi l’hanno fatta davvero grossa. Truffatori presuntuosi pensavano di sfilare 52 milioni di euro a noi italiani imbroglioni specialisti in scartiloffi a qualsiasi livello.

Franco Esposito