M5s, Grillini ai ferri corti. Era inevitabile che prima o poi scoppiasse il bubbone. E così è stato. C’è chi parla addirittura di scissione, di una frattura ormai insanabile. Ma interviene subito Beppe Grillo a calmare le acque. "So che piacerebbe agli avversari una nostra divisione. Però è vero il contrario perché siamo più forti di prima". Il fondatore del Movimento mente sapendo di mentire, perché è ormai evidente a tutti che non c’è più pace tra gli esponenti dei 5Stelle.

Alessandro Di Battista lancia il sasso: "Abbiamo bisogno di un congresso, chiamatelo come vi pare, perché allora sapremo chi ha vinto e chi ha perso". Eccola la verità, le due anime dei Grillini. Da una parte coloro che vogliono lo status quo, dall’altra i fautori di un rinnovamento che spazzi via l’attuale nomenclatura. Paventando un terremoto qualcuno invoca l’intervento e l’aiuto di Giuseppe Conte, come fa Paola Taverna, vice presidente del Senato. Dimenticando forse (o no?) che il premier non è un loro iscritto. Nemmeno sul Presidente del Consiglio c’è pieno accordo. Di Battista gioca su due tavoli. Difende il Governo e le sue scelte, ma quando gli si chiede se il premier possa diventare il leader dei Grillini, risponde secco: "Si iscriva, partecipi alla nostra Kermesse e poi si vedrà se ha la chance per fare il nostro numero uno".

E’ una frase che manda su tutte le furie l’ex comico: "A noi non serve né un congresso, né un capo, ma solo un segretario che abbia la fiducia di tutti. Di Battista vive nel passato". Solo chi non ha occhi e non vuole vedere, afferma che non c’è nessuna crisi in atto. Il braccio di ferro, prima sotterraneo, ora evidente coinvolge i parlamentari (e non) che contano. Quanti sono per un ritorno di Di Maio al vertice del partito, chi invece dice che "Luigi sta bene dove sta".

Gli avversari cosa ne pensano? La destra tace, perché ha avuto già a che fare con il Movimento e le cose non sono andate proprio bene. Matteo Renzi non si lascia scappare l’occasione per mettersi in mostra e dice che "Grillo ha certamente ragione". Sapere l’orientamento del Pd, questo è importante. Sono gli alleati a livello nazionale e forse temono questa scissione. Nemmeno per idea. Probabilmente se l’auguravano perché in tal modo i più forti in Parlamento sarebbero loro. Il più smaliziato dei dem si limita a sussurrare: "Questa fase mi ricorda tanto quelle parole pronunciate da Matteo Renzi quando Enrico Letta sedeva a Palazzo Chigi. Stai sereno, gli disse e poi sappiano tutti come andò a finire".

Travolto dall’organizzazione degli Stati generali, Conte rimane alla finestra e tace. Non gli conviene mettersi in mezzo. Primo perché non gli compete. Secondo perché sa che quella grillina potrebbe essere una sponda molto importante per lui. Quale la ragione? Semplice: se questo Governo non dovesse durare, il premier potrebbe giocarsi la carta del suo ingresso nel Movimento ottenendo un successo strepitoso. Grillo lo coccola e gli manda a dire di non preoccuparsi: "Con noi, avrebbe il 30 per cento dei consensi, gli stessi di quando la stella di Berlusconi brillava alta in cielo". A proposito: gli stati generali? Sono in molti a tagliare corto e a rispondere: "Meglio lavorare in Parlamento".

BRUNO TUCCI