Politica non può, tutta la politica non può pensare, scegliere e attuare il che farne economico e sociale del paese chiamato Italia. Non può, come un sottomarino non può farsi aeroplano.

L’ITALIA DEI TAVOLI

Politica non può perché politica italiana è ormai da molti decenni non gestione e indirizzo della cosa pubblica (res publica) ma organizzazione (quasi sempre rissosa) della distribuzione delle risorse pubbliche. La politica italiana non sceglie, non decide, non rischia, non investe, non scommette, non programma. Organizza "tavoli". Cioè luoghi di spartizione dove siedono i rappresentanti dei vari interessi e corporazioni e lobby, nessuna esclusa. Nessun potere è escluso dai tavoli, seduti ci sono quel che resta dei poteri forti e anche ogni e qualsivoglia potere minimo. Accontentate tutti, quindi non scontentare nessuno è il comandamento primo, la legge di gravità della politica italiana. Quindi i soldi dalle Ue, quando verranno, in Italia devono essere distribuiti. Distribuiti, non investiti. La politica italiana ha per costituzione nulla da dire sul domani di questo paese, può parlare solo al presente. Se solo facesse davvero investimento sul domani, immediatamente perderebbe consenso. Quindi non può, punto.

LA GENTE NON VUOLE

La gente, la pubblica opinione, il territorio, le parti sociali…qualunque sia il nome, sempre non vuole. Non vuole scegliere e investire sul come e dove domani. Vuole qui, oggi, maledetti e subito. Perché anche a volerla chiamare con la rispettosa e benevola accezione di società civile, ha già ampiamente e costantemente dimostrato di non possedere neanche la nozione, figurarsi la cura, dell’interesse generale. Anzi, il comportamento reale della società detta civile o della gente se dir così spiega di più, è in questo frangente segnato dal panico di chi si affolla all’uscita. Panico collettivo e reciproca ostilità.

IL PAESE NON SA

Non c’ è un ceto dirigente, c’è eccome un ceto abbiente. Ma le fortune economiche della sezione terminale della piramide sociale sono svincolate dal possesso di competenze, tanto meno competenze di cittadinanza. Una collettività che riapre tutto ma non le scuole proclama così in maniera plastica la sua scala di valori e procede garantita verso il suo declino. Quindi Stati Generali di che?

di ALESSANDRO CAMILLI