Le imminenti elezioni americane rappresenteranno, ancora per una volta, un caso di studio nel modo di fare campagna elettorale. Segneranno infatti il passaggio finale dal vecchio modo di fare propaganda politica al predominio della rete. Non che fino ad oggi l’online non l’abbia fatta da padrone ma quello che ci si aspetta è la vittoria quantitativa dei numeri che passeranno sul web rispetto a tv, radio e quotidiani. Insomma se il Coronavirus ha sancito, per la prima volta, una domanda di informazione via web più alta rispetto a quella sulla tv le elezioni usa potrebbero far diventare questo cambiamento la regola. La raccolta dati e la messaggistica online mirata sono state parte integrante delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 e lo saranno di nuovo nel 2020. Ma c’è un importante cambiamento: l’integrazione tra l’utilizzo di specifiche applicazioni per raccogliere informazioni sugli elettori e campagne via social. Allo stesso modo in cui i candidati dell’ultima tornata elettorale hanno utilizzato Facebook per raggiungere e persuadere gli elettori, alcune ricerche del Mit di Boston, svolte presso il laboratorio sulla propaganda del "Center for Media Engagement" di Austin, suggeriscono che il 2020 sarà segnato dall’uso di app per campagne mirate. Parliamo di applicazioni appositamente progettate e distribuite attraverso App Store e Google Play Store che consentono ai team digitali di Trump e Biden di raccogliere dati sugli utenti che verranno poi utilizzati per la propaganda sulla rete. L’app ufficiale Trump 2020, lanciata a metà aprile, è stata già scaricata oltre 780.000 volte. Questa applicazione è divisa in due sezioni "Notizie" e "Social" che offrono feed accurata- mente selezionati di tweet e articoli che rafforzano i punti di discussione della campagna ed invitano i fan a concentrarsi su specifiche conversazioni e argomenti. Nello specifico si chiede ai militanti di attaccare i media istituzionali propagatori di fake-news e sottolineare le "imbarazzanti e disastrose performance" di Biden. L’app permette anche di aiutare i fan a cavalcare campagne online contro Twitter, il social media "nemico" di Trump. Nel preciso instante in cui si registrano gli utenti forniscono al team digitale di trump dati preziosi: numero di telefono, generalità, indirizzo e-mail e codice postale. Questo fa parte di una strategia per una campagna elettorale che ha come scopo quello di raggiungere i circa 40-50 milioni di cittadini che dovrebbero votare per la rielezione di Trump. Grazie quindi alla precisione dei dati raccolti lo staff trumpiano è nelle condizioni di organizzare una vasta campagna social in grado di orientare gli umori e le intenzioni di voto dell’opinione pubblica digitale Ovviamente anche Joe Biden ha lanciato una propria app, chiamata "team Joe digital tool kit". Questa applicazione riprende alcune cose da quella di Trump, incluso l’invio di no- tifiche agli utenti sui prossimi eventi della campagna o sessioni di formazione per attivisti digitali ma si differenzia per una particolare caratteristica. Secondo gli esperti di wired. com la strategia di Biden è in gran parte costruita sulle reti orizzontali già esistenti tra i volontari.

L’applicazione richiede infatti ai militanti di condividere i contatti dei propri amici per costruire una database relazionale in grado di ricevere messaggi altamente personalizzati dallo staff della propaganda. Come potrebbe quindi reagire un elettore indeciso se ricevesse un messaggio da un compagno del liceo? Molto probabilmente, in questi tempi segnati dal distanziamento sociale, in maniera positiva.

Un’altra differenza la rintracciamo nelle innovazioni fornite dall’utilizzo del bluethoot a sostegno di quella nuova frontiera denominata geo-propaganda. Lo staff di Trump, seguendo le strategie provenienti dal mondo dell’advertising, punta molto su questo aspetto. Nel momento in cui passiamo davanti ad un determinato cartellone l’uso del Bluetooth permette di tracciare e acquisire i nostri dati restituendoci messaggi politici. È proprio nel momento in cui pensavamo di averle viste tutte che dagli usa arrivano quegli effetti speciali degni dei migliori film di Hollywood.

Guido Petrangeli