Gente d'Italia

L’inchiesta sulla Lega, entra in gioco un milione regalato alla Fondazione dall’allora governatore regionale Maroni

C’è del marcio nella Lega. Sempre di più, la macchia nera si allarga, e nessuno è in grado di prevedere fino a dove. Un milione di euro è entrato nell’inchiesta del procuratore aggiunto Eugenio Fusco e del pm Stefano Civardi. Perquisiti gli uffici della Regione Lombardia. Sotto esame le delibere della giunta regionale che hanno finanziato la Film Commission. Il milione sarebbe arrivato senza ostacoli e troppo in fretta nelle casse di una fondazione regionale che si occupa di promozione dell’industria cinematografica. I fondi pubblici sarebbero serviti per l’acquisto dell’ormai famoso e famigerato immobile di Cormano da parte della Fondazione Lombardia Film Commission. Il capannone dello scandalo, su cui adesso indagano gli investigatori. I quali si stanno interrogando sui motivi di questo regalo alla giunta della Regione Lombardia, allora guidata da Roberto Maroni. Cosa c’è dietro i tempi rapidi e i pagamenti immediati alle società di comodo?

Nell’ombra avrebbero operato tre commercialisti della Lega: Alberto Di Rubbia, Andrea Manzoni, Michele Silleri. L’obiettivo vero, il più importante in questa fase, è capire chi ci sia dietro al mandato fiduciario a cui fa riferimento l’operazione truffaldina, avvenuta tramite una serie di diciannove bonifici. E se la caccia degli inquirenti, che passa anche attraverso una rogatoria in Svizzera, potrà portare a un solido importante approdo. È importante l’interrogatorio di questa mattina nel carcere di San Vittore. I pm ascoltano di nuovo Michele Selleri, ritenuto personaggio centrale ai fini dell’inchiesta. I personaggi coinvolti rimandano ai tormenti della Lega legati alla vicenda dei finanziamenti. Quel sequestro dei quaranta milioni, mai trovati, e l’apertura dell’inchiesta per riciclaggio a Genova. Gli inquirenti sono concentrati sui movimenti di denaro veicolati e affluiti verso le società dei tre commercialisti bergamaschi.

All’attenzione del procuratore aggiunto Eugenio Fusco e del pm Civardi adesso ci sono la delibera regionale e le comunicazioni tra il 2015 e 2017. Quelle che riguardano il passaggio di denaro dalle casse pubbliche alle società di comodo. In particolare due documenti che descriverebbero come l’accordo sul finanziamento dell’ente sia stato "molto rapido". L’allora presidente della Fondazione, Di Rubbia, in una mail del sedici novembre 2015, chiede soldi per "il potenziamento della struttura patrimoniale della Fondazione". I finanziamenti vengono accordati a stretto giro, a tambur battente, a morte di subito, per dirla alla maniera napoletana. Un milione di euro. Lo stanziamento fa parte di una serie di cinque delibere che utilizzano un residuo di fondi Expo, destinatario di risorse anche ad altri enti culturali. La Scala e Il Piccolo, su proposta dell’allora assessore alla cultura, Cristina Cappellini. Da quel punto in poi è cominciata la tarantella degli investimenti che ha portato all’acquisto dell’immobile di Cormano pagato 800mila euro, tra il 201 e il 2018.

Quei soldi hanno fatto lunghi giri. Secondo la Guardia di Finanza, alla fine sono tornati in buona parte alle società riferibili ai commercialisti della Lega. I pm milanesi stanno concentrando la loro attenzione anche su un altro fronte dell’indagine. Quello della destinazione di parte dei soldi che il prestanome Lucio Sostegni avrebbe girato alla fiduciaria Fidirev. Prosegue la caccia dell’individuazione del personaggio (o dei personaggi ombra) che si sono mossi e hanno operato alle spalle del mandato fiduciario di riferimento dell’operazione. Da uno scandalo all’altro, da una indagine in stato avanzato alle requisitorie per la concessione petrolifera "Opi-245". Detenuta in realtà dall’ex ministro del Petrolio, Dan Etete, in questo caso dietro lo schermo della società Malabù. Molto attiva, attivissima, la Procura di Milano anche in questo luglio non di caldo rovente, asfissiante.

In Italia l’estate post coronavirus è caratterizzata da temperature insolitamente miti. L’afa non abita qui, davvero. Secondo giorno di requisitoria, alla Procura di Milano, del processo "Tangenti in Nigeria". Il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale punta ad arrivare alla condanna di Eni (un miliardo e 92 milioni di dollari di confisca) e del suo ad Claudio De Scalzi, per il quale il pm chiede una condanna di otto anni. Punto di partenza le mail sequestrate nel 2016 a Shell in Olanda. Otto anni sono stati chiesti anche per il predecessore di De Scalzi, Paolo Scaroni, attuale presidente del Milan. E sei anni e otto mesi al lobbista Luigi Bisagnani. Addirittura dieci anni all’ex ministro Dan Etete. Richieste di condanne dai sei agli otto anni per manager, dirigenti Shell Olanda, imprenditori e per l’ex ambasciatore russo in Colombia, Edman Agaev.

FRANCO ESPOSITO

Exit mobile version