Sta diventando una situazione sempre più difficile quella delle associazioni italiane in Uruguay le cui sedi da cinque mesi sono ancora chiuse o tornate ad aprire solo parzialmente. Il coronavirus sta dando un colpo terrificante a un contesto già di per sé problematico tra mancanza di ricambio generazionale e scarso appoggio istituzionale.

Così come a Montevideo anche nell’interno del paese le poche associazioni che sono riuscite a mantenere una propria sede oggi raccontano di una realtà estremamente delicata e piena zeppa di incertezze su un futuro che nessuno è ancora in grado di prevedere. Chi può sopravvive solo grazie ai risparmi accumulati negli ultimi anni per sostenere i costi e le spese di mantenimento che ogni struttura impone. Rispetto alla capitale una grande differenza è che nelle città dell’interno le sedi sono tutte unitarie, senza differenze regionali e rappresentano dei punti di riferimento per le loro comunità. La prima vittima della pandemia è il Circolo Italiano di Maldonado che ha dovuto rinunciare alla sua storica sede affittata da tanti anni come spiega Carlos Calace: “Prima facevamo due eventi al mese attraverso i quali potevamo autofinanziarci ma adesso che abbiamo perso completamente queste entrate abbiamo deciso di lasciare la casa che ci ospitava da tanti anni visto il costo notevole. Abbiamo affittato un altro immobile più piccolo, si spera che sia solo temporaneamente fino a quando si possa tornare alla normalità”. “Nessuno” -continua Calace- “sa con certezza quando dureranno queste restrizioni quindi al momento non possiamo fare alcun tipo di previsione. I nostri soci sono preoccupati dato che parliamo della fascia di popolazione più a rischio per il virus, dobbiamo stare attenti cercando sempre di mantenere viva la fiamma dell’italianità. Facciamo le riunioni della commissione direttiva e ci manteniamo in contatto attraverso il gruppo di WhatsApp”.

A Carmelo la sede della Società Italiana Vittorio Emanuele II è aperta martedì e venerdì ma solo per le funzioni di segreteria. Per l’ex presidente Mirna Brusco “prima di tutto bisogna proteggere la salute di tutti e poi in futuro si potrà pensare alle attività socio-culturali. Per quanto riguarda gli aspetti economici noi siamo stati sempre previdenti quindi oggi possiamo coprire le spese grazie ai risparmi. Aspettiamo di conoscere i protocolli sanitari per poter riprendere gli eventi”.

Situazione analoga a quella di Las Piedras dove la sede della Società Italiana è tornata ad aprire lunedì, mercoledì e venerdì di mattina mentre martedì e giovedì nel pomeriggio. “Andiamo avanti con i risparmi ma quelli prima o poi finiranno” riconosce Giuseppe Anfuso che è anche consigliere del Comites. “La quota sociale non basta neanche per pagare la luce. Per adesso abbiamo solo un affitto fisso per un corso di ginnastica ma è ancora molto poco rispetto a quello che avevamo prima e che speriamo di poter riprogrammare. La gente mi chiede quando potranno tornare le feste ma nessuno lo sa con certezza e non possiamo rischiare”.

Restando nel dipartimento di Canelones alla sede della Società Italiana di Santa Lucía le attività stanno riprendendo lentamente. “Dal primo giugno siamo progressivamente tornati ad aprire con i corsi di yoga, taekwondo e zumba rispettando i protocolli e la distanza. Ancora non stiamo affittando la sede per ragioni di sicurezza e prevedo che almeno fino a ottobre sarà così e quindi stiamo rinunciando a una parte importante di entrate. Pur tra grandi difficoltà cerchiamo di adattarci a questa nuova normalità che ci tocca vivere” sostiene il presidente Jorge Lamela.

“Dato che noi puntiamo soprattutto sulle attività culturali quest’anno abbiamo dovuto so- spendere tutto” dichiara Miguel Senatore della Società Italiana di San José. “In questi ultimi mesi l’unica attività che è stata possibile realizzare è stato un piccolo incontro per la data di fondazione della nostra città in occasione del primo giugno. Stiamo rinunciando all’affitto della sede e questo implica naturalmente perdere un ingresso notevole che ci consente di fare qualcosa in più ma per fortuna grazie alla collaborazione dei soci che ci accompagnano come sempre siamo sereni sul mantenimento dell’immobile. Adesso siamo in attesa dei protocolli sanitari e speriamo di poter realizzare il tradizionale pranzo di fine anno che in genere si svolge a novembre, poi una volta che si tornerà alla normalità cercheremo di riprogrammare tutti gli eventi e tutte le celebrazioni che non abbiamo potuto fare”.

Alcune collettività si stanno organizzando attraverso le lezioni virtuali come il caso della Società Italiana di La Paz: “Stiamo facendo lezioni di italiano e gli incontri del coro solo virtualmente in attesa di poter tornare a utilizzare la sede, speriamo al più presto” afferma la presidente Viviana Cedrone. “Per il momento stiamo riuscendo Società Italiana Vittorio Emanuele II di Carmelo a gestire la situazione ma in ogni caso è difficile come tutti”.

Il Centro Culturale Italiano di Paysandú si sta adattando alla nuova normalità come impone l’attuale stato di cose. “Avevamo iniziato le nostre attività a febbraio ma poi abbiamo dovuto sospendere tutto fino a maggio quando abbiamo progressivamente riaperto e oggi abbiamo solo la metà della proposta educativa che offrivamo prima. Fin dall’inizio sapevamo che questo sarebbe stato un anno più difficile e così sta trascorrendo” spiega il responsabile Flavio Fuccaro dicendo poi che i progetti sono stati rinviati: “Avevamo in mente grandi investimenti per poter migliorare e ampliare la nostra sede ma tutto è stato rimandato al futuro. La parte sanitaria e il mantenimento dell’igiene come stabiliscono i protocolli ha preso il sopravvento e stiamo cercando di imporre delle usanze alle quali, sinceramente, nessuno di noi era abituato”.

Matteo Forciniti