Gente d'Italia

Lega e Pd imbarazzati: vogliono il No, ma non sanno come dirlo

Referendum. La lotta fra il SI o NO avrebbe ragioni plausibili nei due schiarimenti in campo, ma si dà il caso che i due schieramenti non ci sono. La confusione è chiara come se fosse l’ordine delle cose, ma si tratta di ordine sparso. Si chiede al popolo di mettere un sigillo o di stracciare una riforma pesante. Ma essa nasce da una serie di pasticci figlia di opportunismi ben distribuiti in tutti i partiti. Ragionatori, politologi e filosofi continuano a discettare sui rami del dilemma. Ma omettono di tornare alle radici che hanno partorito l’idea del taglio dei tagli. La primogenitura va ai grillini. Hanno cavalcato ogni "rivoluzione" punitiva per la Casta parlamentare. Questo è noto, com’è nota la giustificazione pauperista che dava fiato alla proposta. Il Parlamento costa troppo. E allora cominciamo a segare i vitalizi, proseguiamo scorciando le indennità, e infine diamo un bel taglio ai dannati di Camera e Senato. L’onestà impone di ricordare che le cose stanno così. La proposta era sembrata uno sfregio a tutti gli altri partiti. Ma le campagne elettorali sono bestie feroci e la banda Grillo-Casaleggio-Di Maio aveva vinto le elezioni alla grande. Omissis necessario, sulle trattative per fare il governo. L’unico dato certo è che il grillismo dava le carte. Ed eccoci al Conte 1 con dentro i leghisti di Salvini, con il Pd all’opposizione. Il taglio della Casta parlamentare continuava il suo iter, i gialloverdi compatti e d’accordo per convenienza e per impegno preso. Con i verdi a naso turato e i piddini contrari. Storia a parte quella dei decreti sicurezza, povertà abolita e quota 100. E il governo si trascinava fino al Papete. Cambio della guardia, Conte 2 con i grillini e gli odiati eredi di Renzi. La solfa del Parlamento da tagliare ricominciava con il Pd che aveva sempre votato contro in aula. La faccenda restava sottotraccia ma la talpa continuava a scavare. Il taglio del Parlamento sempre in agguato, voto finale imbarazzante per Zingaretti e Salvini, ma unanime. Il bello ricominciava dopo. Tutti gli opportunismi del prima si squagliavano. Adesso, tranne il tetragono M5 Stelle, gli altri hanno un bel mal di pancia e problemi di unità interna. Comincia a circolare una "bestemmia" che suona come libertà di voto. Persino l’opportunismo può diventare opportunità sacrosanta. Libertà di dire sì o no, essendo l’essenza della democrazia.

ANTONIO DEL GIUDICE

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