Venti di pace o di guerra dalla Festa dell’Unità? Tentativi di fare chiarezza, questo è il momento di dirsi le cose in faccia. I militanti disorientati, il segretario Zingaretti fortemente impegnato a spargere certezze. Un tentativo e punto, nel Pd appare evidente l’allontanamento dal concetto di unità. Zingaretti prova con la frusta a ricompattare, il momento è delicato con le elezioni regionali alle porte. O si fa il Pd, o si muore, la parola d’ordine. Le divisioni non servono, non portano da nessuna parte, e allora. "Noi stiamo ai patti, ora tocca ai Cinque Stelle", la butta lì il segretario, munito ovviamente di mascherina, e con lui i militanti più vicini, quelli che gli stanno intorno. Bologna è la sede di una festa che fatalmente ha smarrito l’antica sacralità, che sapeva innanzitutto di fede e di unità. Il titolo della manifestazione si ritrovava nei fatti, ora non più. La parola appare annacquatella nel suo significato storico e vero.

"Col governo Salvini e Meloni dove saremmo? Con le fosse comuni sulle spiagge?", e a fare non da controcanto all’arringa del segretario Pd, il sindaco di Bologna, Merola. "Credo che anche Matteo Renzi si impegnerà per approvare una legge elettorale proporzionale". Il clima è chiaramente di sospensione, al Parco Nord di Bologna. Il distanziamento è obbligatorio. "Se stiamo troppo vicini, Salvini posta la foto", all’insegna dell’ironia il saluto di Zingaretti. Inevitabile la coda per entrare sotto il tendone, non la scelta ideale, almeno così sembra. Tiene banco il referendum, e non poteva essere altrimenti. Che cosa voterà il Pd? Come si schiererà? Zingaretti circondato, letteralmente assediato. I militanti vogliono sapere, pretendono di sapere. "È da due settimane che mi fate queste domande. Io sono venuto qui, al nostro festival, per parlare di lavoro, sanità, fondi europei".

Ma scusi, segretario, Di Maio è disposto a votare la riforma della legge elettorale? Domanda fondamentale, ma la risposta? "Quel che dice Di Maio conferma che dobbiamo continuare a batterci perché si apra un processo riformatore". Una non risposta, comunque una risposta zingarettiana, che dice e non dice. Il processo riformatore prevede una contropartita. "Il taglio dei parlamentari fa parte dell’accordo di governo". Senza quel taglio a Palazzo Chigi ci sarebbe la destra. Ipotesi e scenario che il popolo della Festa aborre. Zingaretti enumera con flemma andreottiana i successi, veri e presunti, conseguiti dall’attuale governo. "All’inizio l’Europa non pensava che il Covid fosse un grande problema. Pensava si trattasse di una questione italiana. Siamo stati noi a convincere Bruxelles. Se oggi su 750 miliardi di Recovery Fund oltre 200 arriveranno a noi è perché ci siamo impegnati nella trattativa".

Applausi non timidi, ma neppure a raffica, interrompono per attimi il discorso di Zingaretti. "Salvini e Meloni attaccano l’Europa ogni giorno. Sul virus hanno gli atteggiamenti negazionisti dei loro amici Orban e Bolosonaro". E qui i militanti applaudono con evidente convinzione. Ma tutto quello che dice il segretario, ineccepibile sul piano delle parole, è possibile scambiarlo col taglio di duecento parlamentari? Bisognerà trovare un qualcosa da sventolare quando il M5S agiterà le bandiere anticasta grazie alla vittoria nel referendum. La compensazione mediaticamente prevedibile per parare il colpo della sconfitta alle elezioni locali. E se la riforma elettorale non arrivasse prima del 20 settembre come si regolerà il Pd? Il quesito dei quesiti, e alla domanda Zingaretti non risponde. Si limita al girotondo dialettico. "Noi siamo gente perbene, rispettiamo i patti".

Ma i Cinque Stelle faranno altrettanto? Silente sul tema, il segretario ritiene evidentemente di aver già risposto con l’osservazione delle persone perbene, che rispettano i patti. Auspice Virginio Merola, primo cittadino di Bologna, si torna al taglio dei parlamentari. Favorevole o contrario il sindaco? "In sé non mi sembra un grande problema. Quando abbiamo ridotto il numero dei consiglieri comunali e regionali nessuno si è scandalizzato. Certo, in quel caso il taglio era accompagnato da una riforma degli enti locali. Qui invece la riforma non c’è. A meno che non arrivi subito una legge elettorale proporzionale". Il punto è questo: arriverà davvero? E Di Maio come si regolerebbe, manterrebbe la parola data dopo aver vinto il referendum? Risponde Merola: "Diverse forze politiche lo chiedono. Penso che Renzi stesso, nelle prossime ore, si impegnerà nel passo decisivo. Probabilmente una precisa strategia già concordata col senatore di Italia Viva. Zingaretti sa benissimo che i margini di manovra sono strettissimi. E dal palco della Festiva dell’Unità lo ricorda.

Le sue parole sono indirizzate, indirettamente, a chi lo ha preceduto alla guida del partito. "Le elezioni del 2018 le abbiamo perse in modo disastroso e ci hanno consegnato un Parlamento in cui non abbiamo grande agibilità. Questo si riflette anche nella rappresentanza di Governo". In parole povere ma franche, è impossibile per il Pd mettere all’angolo i Cinque Stelle. E mentre Zingaretti riparte per Cesena, dove si vota come a Pesaro, il bilancio sembra essere quello di un accordo abbastanza solido con i Cinque Stelle, da incardinare alla Camera una legge elettorale proporzionale. "Diciamolo chiaro, una legge elettorale ben strana. Cosa votare al referendum sul taglio dei parlamentari?", s’interroga con corrosiva auto ironia Elio, che da cinquant’anni anni serve salamelle al ristorante "Bertoldo" gestito da volontari della zona nord di Bologna. "Io ho votato per la riforma Renzi che lo prevedeva. Adesso, per coerenza, scriverò sì sulla scheda. Mi fanno un po’ ridere quelli che avevano respinto la riforma proposta nel 2018 dal segretario Pd perché temevano la deriva unitaria. Guarda invece dove siamo oggi…". Elio voce del popolo Pd. L’unità del partito è una grande utopia.

Franco Esposito