C'è un tango che mi piace riascoltare: "Cambalache". Lo scrisse nel 1934 Enrique Santos Discepolo, uno dei grandi autori del genere, che sempre ha goduto della mia simpatia, perché condivideva con Eduardo De Filippo l’amore per i quartieri poveri della cittá (Buenos Aires e Napoli) e una straordinaria somiglianza fisica con l’attore partenopeo.

Ho provato a tradurre "cambalache" con una sola parola in italiano. Ma non ci riesco: la parola descrive la bottega di un rigattiere dove negli scaffali si accumulano disordinatamente oggetti di ogni tipo, dalla roba usata ad una sciabola antica, dalla statuetta di un eroe alle foto di personaggi popolari. In quegli scaffali potremo trovare anche uno scaldabagno a fianco di una bibbia usata.

Il tango di Discepolo é una metafora sul XX° Secolo, che lui considera la peggiore epoca della storia, dove - come negli scaffali di un "cambalache" - convivono persone rette e traditori, ignoranti, saggi, ladri e persone generose. E in quella mistura, vi é posto per Stravisky, Don Bosco, il Generale San Martín, Napoleone e... Carnera. "...Cualquiera es un señor Cualquiera es un ladrón, Mezcla'o con Stravisky Va Don Bosco y La Mignon, Carnera y Napoleón Don Chicho y San Martín..."

"Ma perché Carnera? Chi era Carnera?" si chiederanno forse tanti giovani e perché tale personaggio é collocato affianco a Napoleone negli scaffali del tango. Nella mia memoria di adolescente, ricordo Carnera como un personaggio ingenuo e patetico, con scarse capacitá di comunicazione, un gigante come quelli che a volte si mostravano nelle fiere o nel circo accanto alla donna barbuta. Eppure Carnera fu il pugile italiano - credo unico - che conquistó il titolo mondiale dei pesi massimi. Primo Carnera nacque nel 1908 a Sequals, in provincia di Pordenone e lí morí nel 1967.

La sua imponente statura - due metri con un peso medio di 110/120 kili - lo aiutó nel pugilato, dove inizió una carriera brillante che lo portó sui ring degli Stati Uniti nella massima categoría, fatto insolito per un pugile europeo. Carlo Sangalli, storico dello sport, ricorda che il 26 giugno 1933 Primo Carnera batté per K.O. Jack Sharkey in sei riprese e diventó campione del mondo dei pesi massimi di pugilato. La sua prima dichiarazione ad un giornalista del "Corriere della Sera" fu: "Offro questa vittoria al mondo sportivo italiano, giubilante e orgoglioso di aver mantenuto la promessa fatta al Duce".

E' un momento d'oro per il discusso pugile italiano come è un momento d'oro per la propaganda fascista attraverso lo sport: un mese dopo la vittoria di Carnera, Italo Balbo porterà a termine la sua trasvolata atlantica, nel1934 l'Italia vincerà i campionati del mondo in Francia, mentre nel '32 gli atleti in camicia nera si erano molto ben comportati alle Olimpiadi di Los Angeles. Ma Primo Carnera si renderà conto ben presto di quanto sia effimera la sua gloria.

Carnera fu campione del mondo in quell’unica occasione, perchè l’anno dopo avrebbe perso il titolo di fronte a Max Baer, "un venticinquenne figlio di immigrati francesi cresciuto in Colorado e in California, un belloccio che pensava più al cinema e alle donne che alla boxe", conclude Carlo Sangalli. Quei soldi che aveva conquistato con il titolo, li perse rapidamente a causa della malversazione del suo manager. Ma questo non gli impedí di intraprendere la strada del cinema (in cui recitó in diversi ruoli mitologici), per poi finire la carriera come lottarore in spettacoli circensi. Il "gigante buono" (cosí era chiamato) fece ritorno in Italia negli anni sessanta, per morire pochi anni dopo nel suo paese di Sequals.

Il tango "Cambalache" - scritto un anno dopo alla vittoria del 1933 - lo affianca a Napoleone, in un contrasto straordinario di personaggi, che solo lo scaffale di un rigattiere potrebbe unire. A me piace ricordare, attraverso il tango di Discepolo, l’ingenuo gigante buono, che negli anni sessanta ancora appariva in programmi di televisione della RAI, per ricordare la sua celebre ed unica vittoria. La sua popolaritá fu tale che nel 1934 dall’altra parte del mondo, un autore argentino lo ricordó - anche se in strano modo - nel suo celebre tango, che mostrava i contrasti del secolo XX, che non sono certo scomparsi nel secolo attuale.

JUAN RASO