Massimo Giletti ha ribadito ieri un argomento sul quale anche altri commentatori, anche più qualificati di lui sull’argomento, si sono fatti scudo per sconfessare i rischi sulla rappresentanza che deriverebbero dal taglio dei parlamentari. Intervistato dalla Stampa così ha risposto: "Qualcuno mi deve spiegare come mai gli Stati Uniti con 330 milioni di abitanti sono gestiti da 400 parlamentari e noi ne abbiamo oltre 900 con 60 milioni di abitanti".

Un argomento utilizzato sovente anche prendendo come metro di paragone la Germania, equazione dalla quale quasi sempre viene eliminato il Bundesrat, che con i suoi delegati dai Lander partecipa però a pieno titolo, sia pur in specifici campi, alla legislazione dello stato federale, e ha un ruolo centrale nella ripartizione della sovranità tra stato centrale e autonomie locali. Rimanendo all’esempio americano, ce la si potrebbe cavare rispondendo che l’Italia è una repubblica parlamentare e gli States hanno un sistema presidenziale e federale. O che i parlamentari oltreoceano sono 435, se si intendono gli eletti al Congresso federale, ai quali vanno aggiunti 100 senatori, e che i primi sono eletti in proporzione alla popolazione (la California ne elegge 53, il Wyoming 1, per dire), e i secondi in modo paritario per ciascuno degli Stati, in funzione di un compromesso antico come l’America.

O aggiungere anche che potere legislativo ed esecutivo sono concorrenziali e per molti versi competitivi, non sono legati a un rapporto fiduciario, al punto tale che se il Congresso viene rieletto interamente ogni due anni, ogni senatore rimane in carica 6 anni, e il Senato viene rinnovato di un terzo dei suoi componenti ogni due anni, e che le maggioranze che si determinano nell’uno e nell’altro non incidono in nessun modo nel processo che porta a eleggere il Presidente.

O parlare del potere di veto di quest’ultimo, e della necessità dei due terzi in ogni Camera in seconda votazione per superarlo, ma ci stiamo già annoiando. Quello di cui non si tiene minimamente conto è la stratificazione nella gestione del potere negli Usa. Prendiamo a caso i due Stati citati poc’anzi.

La California ha una sua assemblea legislativa composta da un Congresso e da un Senato, rispettivamente di 80 e 40 membri, che bilanciano i poteri del Governatore. Allo stesso modo il Wyoming ne conta 60 al Congresso e 30 al Senato. Ma allargando il campo ci si accorge che il Texas ne ha 150 e 31, la Florida 120 e 50. Facendo una media spicciola partendo dai questi esempi, i 330 milioni di abitanti degli Stati Uniti "sono gestiti" da più di 6000 parlamentari, non dai "400″ presi a metro di paragone in questi giorni. Parlamentari che hanno competenze specifiche su sanità, istruzione, trasporti, controlli e vigilanza industriale, regolamentazione dell’industria pubblica, assistenza sociale, milizia statale, ordine pubblico e legislazione penale.

Sintetizzando: i 90 parlamentari del Wyoming hanno potere di istituire o meno la pena di morte nel proprio stato, o legalizzare la droga, non esattamente quel di cui si occupa un consigliere regionale della Toscana o della Puglia. Paragonare il sistema statunitense a quello italiana ricorda un po’ la vecchia storia delle pere e delle mele. Nelle ultime settimane Amazon Prime ha rimesso online West Wing. Si possono passare le serate a seguire i rovelli del presidente Bartlet, alle prese con un Congresso che non controlla, un Senato con il quale deve contrattare fino allo sfinimento, i parlamenti dei singoli stati incontrollabili. In una puntata partecipa a un Consiglio comunale di una cittadina dell’Arizona (citiamo a memoria) che ha fatto una legge per mandare in galera e poi buttare le chiavi chiunque bruci la bandiera degli Stati Uniti, e il buon Martin Sheen ha come unica arma per impedirlo la sua formidabile moral suasion. Un buon modo per farsi un’idea approssimativa di come i due modelli di gestione del potere e di rappresentanza dei cittadini siano radicalmente diversi, comodamente seduti sul divano di casa propria.

di PIETRO SALVATORI