Nel silenzio più generale, oggi è l’ultimo giorno per votare dall’estero sul referendum costituzionale che riguarda il taglio dei parlamentari. Il termine per presentare al consolato la busta elettorale scade alle ore 16 di oggi pomeriggio. L’impressione è che questo voto non interessi a nessuno partendo proprio dall’Ambasciata che segue le direttive di un ministero degli Esteri guidato dal principale referente politico della campagna a favore del taglio, ovvero l’ex leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio.

In queste settimane in Uruguay non c’è stata alcun tipo di informazione ufficiale e a parte il solito passaparola, molte persone non potranno votare. Sarà davvero garantito il diritto di voto dei cittadini italiani all’estero nel pieno della pandemia che sta colpendo duramente molto paesi? Forte è il sospetto che questa sia l’ennesima occasione per sputare su un diritto costituzionale costantemente oltraggiato dalla politica italiana indipendentemente dal colore politico e da chi sta al governo.

In Uruguay, un paese che storicamente gode di una straordinaria tradizione civica, l’unica attività che abbiamo avuto è stato un incontro organizzato dal Comites in modo virtuale per via dell’emergenza sanitaria e nient’altro. Di questi tempi bisogna accontentarsi. I referenti della collettività italiana promettevano una grande battaglia sulla tematica dato che il taglio dei parlamentari inciderà pesantemente anche sulla rappresentanza degli italiani all’estero.

Più che la grande battaglia è sembrato il timbro del cartellino per il minimo sindacale ma almeno bisogna riconoscere che qualcosa è stato fatto a differenza della presenza istituzionale italiana in Uruguay che è stata praticamente nulla come è ormai consuetudine. In queste settimane sul grande carrozzone delle voci contro il no ovviamente ci sono entrati pure i deputati e i senatori sudamericani che ci hanno avvisato dell’imminente pericolo per la democrazia nonostante il loro costante assenteismo in Parlamento.

Anziché cercare di rappresentare un intero territorio questi politici sono rimasti attaccati solo ai loro feudi elettorali specialmente in Argentina e poi anche in Brasile e oggi lottano più per mantenere la poltrona che non per difendere un principio dato che del rapporto diretto con gli elettori non è mai importato niente a nessuno.

Lo dimostra bene l’Uruguay che è stato costantemente tagliato fuori anche per colpa delle continue divisioni che hanno spianato la strada al controllo dei politici argentini e brasiliani. Dopo il silenzio assoluto, il tempo adesso è scaduto: l’unica certezza che ci lascia questo referendum è che il voto degli italiani in Uruguay non interessa a nessuno.

Matteo Forciniti