Ci siamo. Questione di ore, ormai, e conosceremo l'esito dell'importante test elettorale che coinvolge ben sette regioni e il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. I sondaggi danno pressoché per scontata una larga vittoria dell'opposizione di centrodestra nelle elezioni regionali e il successo del "sì" nella consultazione referendaria. E, allora, l'interrogativo che s'impone è se, alla luce di questi risultati, il governo di Giuseppe Conte debba continuare o meno a guidare il paese. L'interrogativo è quantomai complesso perché in Parlamento Pd, cinquestelle e Italia viva, con l'ausilio di alcune frange minoritarie, continuano ad avere la maggioranza, ma è fuor di dubbio che - se le indicazioni dei sondaggi dovessero trovare conferma nelle urne - questa maggioranza non l'avrebbero più nel paese e sarebbe difficile continuare a far finta di nulla e lasciare che le cose continuino ad andare come sono andate sino ad ora.

Si prospettano, allora, due ipotesi. La prima è quella di andare a nuove elezioni che adeguino le rappresentanze parlamentari agli orientamenti attuali degli elettori. Si tratta, tuttavia, di un'ipotesi non facilmente praticabile se si considera che, una volta ridotto il numero dei parlamentari da eleggere, gli attuali collegi elettorali dovrebbero essere, necessariamente, ridisegnati: un'operazione soprattutto non attuabile in tempi brevi anche perché è assai probabile che tra i partiti sorgerebbero polemiche e contrasti. Alla riduzione del numero dei parlamentari dovrebbe aggiungersi, inoltre, una riforma complessiva della legge elettorale e, per vararla, i tempi sarebbero inevitabilmente lunghi. Basta pensare, per rendersene conto che di riforma della legge elettorale si parla da tempo con risultati decisamente insoddisfacenti.

A questa perplessità se ne aggiunge un'altra: potrebbe Mattarella sciogliere le Camere se in Parlamento esiste una maggioranza (seppure non in linea con quella che emerge nel paese) in grado di esprimere un governo? Di fronte a tanti dubbi e a tante perplessità, si fa strada un'altra ipotesi: quella di dar vita ad un governo di salute pubblica; una sorte di "unione sacra" che, superate le attuali contrapposizioni, affronti i gravi problemi che il paese ha di fronte a sé e crei le condizioni necessarie per andare alle urne che, al momento, come abbiamo visto, sembrano non sussistere. Quanto al nome dell'uomo che dovrebbe guidare questo tipo di esecutivo, il solo in grado di raccogliere i consensi delle forze politiche e dell'opinione pubblica è, senza alcun dubbio quello di Mario Draghi (chi se non lui?).

Oggi come oggi, peraltro, la soluzione del "governissimo" non sembra attrarre nessuno (neanche noi che non abbiamo le ammucchiate). E, tuttavia, in politica è assolutamente valido l'antico detto del "mai dire mai". Tutto è sempre possibile. E, in questo caso, per quanto non desiderato, il "governissimo" potrebbe rivelarsi come l'unica soluzione possibile. Fare previsioni, alla vigilia del voto, è comunque un azzardo. Aspettiamo.

OTTORINO GURGO