Il 4 marzo 1861, nelle acque al largo dell’isola di Capri, un piroscafo colava a picco. Era l’Ercole, a bordo del quale c’erano 12 uomini dell’equipaggio e 60 passeggeri; tra essi, uno scrittore, patriota e garibaldino di fama, Ippolito Nievo. In quanto uomo di fiducia di Garibaldi, il colonnello Nievo era diventato il tesoriere dei Mille. Si disse che l’Ercole affondò per una violenta mareggiata: era un’imbarcazione debole, requisita dalla marina del Regno di Sardegna anche se era assai vetusta e malridotta. Non avrebbe retto ancora a lungo. Si tratta dunque di una sciagura annunciata? Forse. Di certo, fu una doppia sciagura quella che accadde nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861: perché insieme al decrepito Ercole e insieme alle 72 persone che aveva a bordo, scomparvero tra i flutti anche i registri e i libri contabili della spedizione dei Mille. Tutte le pezze d’appoggio, i conti, gli incartamenti. Tutto.

Della spedizione di Garibaldi non si salvò un unico foglio che giustificasse l’operato del "dittatore". Curiosamente, Nievo non si trovava su quella nave per un viaggio di piacere: sorprenderà sapere che era diretto a Napoli proprio per consegnare i conti della spedizione, poiché l’ala conservatrice del parlamento subalpino continuava a pressare il governo per capire cosa si celava dietro la spedizione dei Mille e aveva chiesto di visionare quei conti. L’intendente generale Giovanni Acerbi scrisse a Garibaldi affinché inviasse a Torino i documenti che giustificassero i passivi ma soprattutto gli attivi della missione nel Sud: a quanto ammontavano i beni sequestrati, incamerati e (con tutta probabilità) intascati dai garibaldini? E chi aveva finanziato la missione in Sicilia? Non si poteva certamente mostrare le pezze che avrebbero potuto rivelare l’ingente finanziamento proveniente dalle banche inglesi e dalla massoneria.

Ippolito Nievo

Nulla di ciò permise un dibattito politico sul caso, perché finì tutto sul fondo del Tirreno, insieme alla vita di 72 persone. L’autore de Le confessioni d’un italiano non era solo: in sua compagnia c’era un piccolo gruppo di garibaldini, tra i quali Pietro Nullo, giovanissimo fratello del più noto Francesco. Tuttavia, ci si può tranquillamente domandare perché Nievo viaggiasse con questi pochi compagni, perché fosse diretto a Napoli e non a Genova (via più rapida per Torino), perché documenti di tale importanza non viaggiassero su una nave militare ma su un piroscafo vetusto. A tal proposito, pare che a Nievo fosse stato consigliato di partire con un’altra imbarcazione: l’Elettrico, un vapore più piccolo ma moderno. Invano: lo scrittore, insieme ai suoi libri mastri, le sue lettere e i suoi segreti salpò il 4 marzo alle 13.00 da Palermo diretto a Napoli; sulla sua stessa rotta, a distanza di circa tre ore di navigazione, lo seguiva un altro vapore, il Pompei. Proveniente da Messina, invece, c’era un terzo vapore: l’inglese Exmouth, che però quando lo incrociò non poté fare niente per salvarlo dall’affondamento, perché era già ridotto a un relitto.

Il Pompei, che non incrociò la tempesta, giunse a Napoli illeso. Nessuno più vide l’Ercole. La notizia non andò in prima pagina, come oggi ci si aspetterebbe: al di là del fatto che l’ordine delle notizie, all’epoca, era diverso da quello odierno, in quel marzo 1861 c’erano ben altri avvenimenti di cui parlare. Tuttavia, il silenzio pare abbastanza strano e singolare: un’inchiesta sulla sparizione dell’Ercole fu aperta con un ritardo di mesi e non portò a nessun risultato. In mancanza di prove, in mancanza di documenti e di testimoni, resta però il forte sospetto che l’Ercole sia stato "aiutato" ad affondare.

Un sospetto che circola da tempo, anche perché molti avevano interesse a far sì che a Torino quelle carte non arrivassero; in primis, lo stesso governo che, pur in rotta con Garibaldi, aveva tutto l’interesse ad evitare che scoppiassero scandali che avrebbero portato a rivelare troppe verità scomode. In secondo luogo, gli inglesi e la massoneria londinese, che avrebbero volentieri fatto a meno di figurare come finanziatori di un’aggressione a uno stato sovrano. Quale che sia la risposta, se un naufragio o un complotto governativo o internazionale, è certo che la sorte dell’Ercole è ancora oscura e i molti sospetti non fanno altro che alimentare quella luce sinistra che illumina molti aspetti del nostro Risorgimento.

Giorgio Enrico Cavallo