Se il popolo della penisola parla italiano lo deve sostanzialmente a due figure della letteratura: Dante Alighieri e Alessandro Manzoni. Dante è il poeta che inventò l’Italia, dandoci una lingua e creando i presupposti della nazione. L’interesse di Alessandro Manzoni per la lingua con cui scrivere "I Promessi sposi" nacque dopo la risolutiva "risciacquatura dei panni in Arno".

Le conversazioni che animavano gli incontri con gli intellettuali fiorentini al Gabinetto Vieusseux portarono Manzoni a servirsi del fiorentino parlato dalle persone cólte come lingua del romanzo e di proporlo poi come lingua unitaria della nazione, dopo l’unificazione del 1961, quando solo il 2,5% della popolazione parlava e scriveva nella lingua di Dante. Le idee manzoniane vennero apprezzate da Emilio Broglio che nel 1868, in qualità di ministro della Pubblica Istruzione, affidò proprio allo scrittore lombardo la presidenza di una commissione per l’unificazione linguistica.

Nella relazione "Dell’unità della lingua italiana e dei mezzi per diffonderla" Manzoni ribadì la scelta del fiorentino parlato e illustrò le misure necessarie per superare lo stato di frammentazione linguistica dell’Italia: la compilazione di un vocabolario dell’uso vivo di Firenze, il ricorso a maestri nati o educati in Toscana, l’assegnazione di borse di studio per permettere agli allievi delle scuole magistrali di trascorrere un anno a Firenze per completare la loro formazione. Di queste proposte l’unica a essere realizzata fu la prima: alle pagine della relazione manzoniana si richiamano infatti Giovan Battista Giorgini ed Emilio Broglio per la compilazione del "Novo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze".

La lingua dantesca raccolse l’eredità dell’impero romano e del mondo classico, della cristianità e dell’umanesimo. L’Italia non nacque dunque da una guerra o dalla diplomazia, ma dai versi di Dante. A rammentarci l’importanza del Sommo Poeta ci pensa ora uno dei nostri maggiori giornalisti e saggisti, Aldo Cazzullo del "Corriere della sera" che per Mondadori pubblica "A riveder le stelle", ricostruendo parola per parola il viaggio di Dante nell’Inferno. Gli incontri più noti vanno da Ulisse al conte Ugolino e comprende vari personaggi maledetti ma grandiosi come Farinata degli Uberti, Vanni Fucci, Brunetto Latini, Filippo Argenti. Nello stesso tempo, Cazzullo racconta con frequenti incursioni nella storia e nell’attualità, l’altro viaggio di Dante in Italia tra la Lunigiana e il lago di Garda, Scilla e Cariddi, le terre perdute dell’Istria e della Dalmazia, l’Arsenale di Venezia, le acque di Mantova, la terra di Puglia, la bellezza e gli scandali di Roma, Genova, Firenze e delle altre città toscane.

Alle porte del settecentesimo anniversario della morte dell’Alighieri (1265-1321), Cazzullo ci offre un prezioso manuale di sopravvivenza dantesca. La sua idea letteraria è quella di raccontare il viaggio immaginario di Dante scena dopo scena, diventando lui stesso una sorta di Virgilio per i lettori con ovvie puntante nelle modernità, passando da Francesca da Rimini a Vasco Rossi da Zocca nel giro di un capoverso, senza tralasciare un’informazione né un’emozione. Ignavi, taccagni, scialacquatori, demoni, giganti, lonze, sodomiti e traditori: nessuno resterà impunito. Se la Divina Commedia appare un compendio del sapere universale e una rassegna dei vizi eterni dell’umanità, il riassunto che ne ha fatto Cazzullo non è da meno: gli basta un verso di Dante sul golfo del Carnaro per apparecchiare un excursus sull’irredentismo, Alcide De Gasperi e Nazario Sauro.

Qui, in questa nuova versione della Commedia, si uniscono miti, cronaca, epica, geografia. L’autore non manca di dare sue versioni personali sulla presenza nell’Inferno di personaggi come Maometto. Secondo Cazzullo il senso che maggiormente racchiuse il cammino dantesco è la dura prova dell’esilio oltre alle divisioni tra italiani. Per fortuna l’autore non cita nessun politico attuale nel lungo tour infernale. Eppure Dante fu severo con i compatrioti, denunciò i politici corrotti, i Papi, i banchieri ladri, gli usurai e tutti coloro che fecero prevalere l’interesse privato su quello pubblico. Ma Dante ci insegna anche a riprendersi dalle sventure, dalle guerre, dalle epidemie, tanto per restare ai giorni nostri. Sabato 26 settembre Cazzullo sarà a Pienza, in provincia di Siena, dove presenterà il libro al Festival Caffeina-Emporio Letterario di Pienza. L’incontro si terrà alle 12, presso il Cortile di Palazzo Piccolomini, con l’intervento di Giorgio Renzetti e letture di Stefano Sbarluzzi. Il 3 ottobre si svolgerà una presentazione del libro di Aldo Cazzullo a Roma, alle ore 17.30, in occasione del Festival Insieme, alla sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica con letture di Sonia Bergamasco.

di MARCO FERRARI