C’erano una volta i canti sui balconi, gli applausi al personale medico, i disegni dei bambini appesi alle finestre. Oggi, nelle città europee più colpite dalla seconda ondata, dove sono state reintrodotte misure restrittive anti-contagio, il clima è radicalmente cambiato: c’è rabbia, paura, frustrazione, voglia di rivolta. Il caso più eclatante è quello di Marsiglia, città diventata "scarlatta" insieme alla vicina Aix-en-Provence e alla Guadalupa: per queste zone l’esecutivo francese ha previsto la chiusura di bar, ristoranti e sale da sport per almeno 15 giorni a partire da ieri. Centinaia di manifestanti si sono dati appuntamento davanti al Tribunale del commercio per protestare contro l’ordine del governo, con alcuni ristoratori e proprietari di bar che minacciano di tenere comunque aperti i propri locali. A dare loro manforte c’è la vicesindaca di Marsiglia, Samia Ghali, che ha promesso un atto di disobbedienza locale: "la polizia municipale - ha annunciato - non farà le multe a ristoranti e bar che resteranno aperti". "Le forze dell’ordine - ha dichiarato alla tv BFM - hanno altri compiti. Preferirei che la polizia si trovasse dove c’è bisogno, dove ci sono violenze, furti, traffico di droga, non a fare multe a commercianti che cercano di guadagnarsi da vivere e far funzionare l’economia del Paese". Fischiato da tutti i presenti, a più riprese, il nome del ministro della Salute, Olivier Véran, atteso nel pomeriggio a Marsiglia per incontrare i medici di uno degli ospedali che lamenta sovraccarico di pazienti in rianimazione, il "Timone". Da quando, due giorni fa, Véran ha annunciato le nuove chiusure, a Marsiglia e nella vicina Aix-en-Provence si è scatenata una vera rivolta, con la sindaca - l’ecologista Michèle Rubirola - che ha parlato di "affronto" alla città, sostenendo che i dati sanitari sarebbero in miglioramento. Rappresentanti politici locali di sinistra e di destra si sono uniti nella protesta, pubblicando oggi un appello con 50 firme mentre il presidente della regione Provenza-Alpi-Costa azzurra, Renaud Muselier, ha annunciato la presentazione di un ricorso contro il decreto del governo. Ieri i contagi hanno avuto un balzo record in avanti, con 16.000 nuovi casi nelle ultime 24 ore. La situazione è ancora più allarmante in Spagna: il colpo d’occhio della enorme macchia scarlatta sull’ultima mappa diffusa dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie parla da sé. La penisola iberica, secondo gli ultimi dati, ha superato la soglia dei 700mila casi di Covid-19, il dato più alto registrato in tutto il continente. Secondo i numeri diramati dal ministero della Salute, nelle ultime 24 ore sono stati rilevati 10.653 nuovi infetti e 84 decessi per un totale di 704.209 contagi e 31.118 decessi dall’inizio della pandemia. A differenza della Francia - dove ospedalizzazioni e decessi mostrano un aumento più contenuto - in Spagna alcuni ospedali sono già in affanno a causa dell’aumento di pazienti Covid. Gli ospedali di Madrid sono vicini alla capienza piena e il governo ha detto che si prepara a riaprire gli ospedali da campo negli hotel e nel più grande centro espositivo della città. Ma anche qui il malcontento è il sentimento dominante tra una popolazione stanca e impaurita. In un articolo il direttore Guillermo Rodríguez racconta i giorni di rabbia e protesta nei quartieri più poveri di Madrid, dove la presidente della Comunità Isabel Díaz Ayuso ha decretato un lockdown parziale di almeno due settimane, esteso oggi a un milione di madrileni. La fotografia è quella di una metropoli alle prese con un autunno di disuguaglianze. Le misure, che impediscono la circolazione tranne nei casi di necessità di base - ad esempio, recarsi al lavoro o portare i bambini a scuola – interessavano inizialmente 37 distretti sanitari della città. Casualmente, questi distretti sanitari coincidono con alcuni dei quartieri o delle municipalità con i redditi più bassi di tutta Madrid. In un primo momento le restrizioni riguardavano 885.000 cittadini, il 13% della popolazione di Madrid; in una riunione odierna è stato deciso di estendere il blocco ad altre aree, per un totale di un milione di persone. Le autorità raccomandano comunque anche agli altri 6,6 milioni di madrileni di limitare gli spostamenti il più possibile. Poche ore prima che entrasse in vigore il blocco selettivo a Madrid, i residenti delle zone colpite sono scesi in piazza per protestare contro le misure "discriminatorie" della presidente conservatrice che "segregano" la popolazione. "Fascista Ayuso, sei un classico", "Non è reclusione, è segregazione", alcuni degli slogan dei manifestanti. La massiccia protesta organizzata domenica scorsa da sindacati, partiti di sinistra e associazioni di quartiere è stata solo un teaser: questo fine settimana sono attese nuove mobilitazioni. Nel Regno Unito, dove anche ieri si è raggiunto un nuovo picco di contagi (6.634 in 24 ore), c’è una certa riluttanza verso le misure restrittive annunciate martedì dal premier Boris Johnson. Ieri sera – riporta The Independent - i frequentatori di pub si sono riversati nelle strade di Londra subito dopo le 22:00, dopo che pub e ristoranti hanno dovuto chiudere i battenti a causa delle nuove misure volte a frenare il contagio. Anziché dentro i locali, gli assembramenti sono proseguiti fuori, con gruppi di giovani che sono rimasti a bere altrove o hanno affollato i mezzi di trasporto. La polizia, per le strade pedonali di Soho, dirigeva il traffico, mentre sui social media si moltiplicavano le battute e gli inviti a boicottare il coprifuoco. Ieri il sindaco di Londra Sadiq Khan ha avvertito che potrebbero essere necessarie "misure aggiuntive" per frenare la corsa del virus nella metropoli. Gli economisti britannici prevedono che le misure restrittive avranno un impatto molto pesante sulla disoccupazione. Anche al di là della Manica ci si attende un autunno dove a essere scontenti saranno in molti.