Ogni giorno una novità che viene regolarmente smentita 24 ore dopo. Non si deve pensare che l’Europa non osservi attentamente quel che avviene in Italia e dica fra sé: "Questi miliardi glieli dobbiamo dare? Siamo sicuri che andranno spesi nel modo giusto? Meglio controllare". Il premier è preoccupato, si rende conto delle divisioni e delle polemiche che infestano la politica e si interroga su come fare per non perdere quei preziosi danari che Bruxelles ha promesso di darci. Il fatto è che la situazione non è propria idilliaca. Nella maggioranza lo scontro è giornaliero, nel centro destra i mal di pancia aumentano. E allora?

Il Presidente del Consiglio ha in mente un’escamotage che possa tranquillizzarlo: creare una squadra di controllori che eviti le furbizie, il tipico assalto alla diligenza che faccia perdere al Paese i fondi europei di cui abbiamo estremo bisogno per uscire dalla crisi economica favorita anche e soprattutto dalla pandemia. Ci vorrebbe una unità di intenti però per tagliare il traguardo. Invece, avviene l’esatto contrario. Prima delle regionali e del referendum era Luigi Di Maio a dettare la linea del patto giallorosso. Ora, la situazione è notevolmente cambiata per il flop dei 5Stelle ed è quindi Nicola Zingaretti il "deus ex machina" della situazione.

Vuole le priorità assolute del Pd a cominciare dal Mes per continuare con la sicurezza e l’approvazione di una nuova legge elettorale. Il ministro degli Esteri, ancora e sempre il vero portavoce del Movimento, non vuol sentire parlare dei miliardi del salva-stati e pure sugli altri due temi ha dei dubbi e temporeggia. Le indiscrezioni, però, non si fermano qui. Vanno oltre e in alcuni ambienti bene informati si dice che sia in corso d’opera un accordo tra Zingaretti e Di Maio per ridimensionare Conte. Perché? Semplice: dopo il voto del 20-21 settembre, l’unico ad aver vinto di sicuro è il premier che continua ad avere una grande popolarità e l’appoggio di milioni di italiani.

Questo particolare non piace affatto ai due leader del Pd e dei 5Stelle, ragione per cui stanno ragionando su come ridimensionare la figura del premier. Non rendendosi conto che così facendo farebbero male in primis a loro stessi. Se in caso di una crisi di governo si andasse alle elezioni, il centro destra non potrebbe diventare maggioranza e sferrare un colpo da KO ad entrambi? Sostiene a proposito Carlo Bonomi, presidente della Confindustria: "È vietato fallire, altrimenti ce ne andremo tutti a casa". Tutto questo andirivieni di notizie non placa l’epidemia che ogni giorno manda forti segnali d’allarme. Roma, Napoli e Genova sono già quasi al collasso per difendersi dal virus.

Vincenzo De Luca, il governatore della Campania, continua a ripetere che se la situazione non cambierà sarà lui a decidere e ordinare il lockdown nella sua regione. Il virus continua la sua corsa e manda nel pallone pure il calcio. "Il football non può vivere sulla luna" scrive stamane il più diffuso quotidiano del Mezzogiorno". Per quale ragione? Anche il Napoli, dopo il Genoa, è finito nell’occhio del ciclone, perché domenica scorsa i partenopei hanno giocato proprio contro quella squadra che ha undici titolari risultati positivi.

Che fare? Mettere in quarantena tutti o addirittura fermare il campionato di serie A? Interrogativo difficilissimo per il business che ormai la fa padrone in questo sport. Sarà la Lega, forse già oggi, a prendere una decisione. Comunque sia, un primo provvedimento sarebbe oltremodo logico prenderlo: evitare che il pubblico torni a fare il tifo allo stadio.