Ancora si discute su chi sia uscito vincitore è chi sconfitto dalla recente tornata elettorale: una discussione che ci sembra piuttosto sterile considerato che centrodestra e centrosinistra si sono divisi tre a tre le regioni in palio, che nel referendum tutti i partiti si erano schierati in favore del "sì" e che la sopravvivenza del governo, almeno nel breve periodo (fare previsioni a lungo termine data l'imprevedibilità degli eventi politici sarebbe fuori luogo) non dovrebbe essere in forse. Quel che, tuttavia, appare meritevole di sottolineatura, è il fatto che la competizione elettorale ha fatto registrare una pesante sconfitta di Matteo Salvini. Sia chiaro: se questa sconfitta dovesse riguardare soltanto le sorti personali del leader leghista, la cosa sarebbe di relativa importanza. Ma Salvini è stato, da parecchio tempo a questa parte, personaggio centrale del dibattito politico ed è tuttora, dai più, considerato il leader della coalizione di centrodestra, candidata a vincere le elezioni prossime venture. Da questo punto di vista il suo futuro non è privo d'importanza e non si può fare a meno di rilevare che, al di là delle critiche e delle contestazioni che gli provengono, com'è naturale, dal centrosinistra, la sua leadership è messa in forse soprattutto dall'interno dello stesso schieramento al quale appartiene. Non è un mistero che siano in molti, tra i leghisti, a vedere nel governatore del Veneto Luca Zaia l'uomo destinato, in un futuro neppure troppo lontano, ad assumere la guida del partito e a candidarsi addirittura alla presidenza del Consiglio. Zaia, da abile politico qual è, getta acqua sul fuoco di questa rivalità affermando di non avere alcuna intenzione - specie dopo il plebiscito che i veneti gli hanno riservato - a lasciare la sua regione e che "nella Lega non ci sono anime diverse ma, casomai, sensibilità diverse". Un modo elegante per marcare, comunque, la differenza con il leader (differenze già sottolineate a più riprese da un altro esponente di primo piano del partito, Giorgetti). Non è soltanto la popolarità di Zaia a mettere in difficoltà Salvini. A fargli ombra è soprattutto, nella coalizione di centrodestra, la clamorosa dimensione del successo ottenuto nella consultazione regionale da Fratelli d'Italia e da Giorgia Meloni che ormai insidia apertamente la sua leadership. Nelle dichiarazioni ufficiali la Meloni non contesta la guida di Salvini, limitandosi a sottolineare, non senza una punta di malizia, che il suo partito è stato il solo ad essere premiato dagli elettori. Ma tra i dirigenti e i militanti di Fratelli d'Italia cresce l'insofferenza nei confronti del capo della Lega e soprattutto si fa sempre più insistente la richiesta al capo dello Stato di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, prendendo atto che la maggioranza parlamentare non si identifica più con quella esistente nel paese. Con grande costanza e indubbia abilità, Giorgia Meloni sta costruendo la sua leadership personale nella coalizione di centrodestra. Insomma, ancora una volta, i mutevoli umori offrono nuove prospettive. Fino a qualche tempo fa non v'era chi non fosse disposto a scommettere su Matteo Salvini; oggi sono in molti a chiedersi se l'ex ministro dell'Interno non debba essere collocato nella galleria degli ex leader.

OTTORINO GURGO