Un ritorno a una "politica normale", un promemoria di civiltà, o ancora: un assaggio di quello che potrebbe essere l’America post Trump. All’indomani del dibattito tra aspiranti vicepresidenti, il respiro di chi osserva la politica americana può farsi un po’ più lungo: rispetto allo spettacolo umiliante cui abbiamo assistito il 29 settembre tra Donald Trump e Joe Biden, il confronto tra Mike Pence e Kamala Harris è stato in alcuni momenti aspro, in altri fuori focus, ma tutto sommato civile. Il che, di questi tempi in America, è già una notizia. Difficilmente il dibattito sposterà un voto. Anche se secondo un sondaggio della Cnn, per la maggior parte degli spettatori la performance delle senatrice della California è stata più convincente: per il 59% degli elettori ascoltati "a caldo", la democratica ha dominato il dibattito, mentre solo il 38% ha espresso la convinzione che sia stato il vice presidente ad avere la meglio. Questi giudizi di fatto confermano le aspettative che gli stessi elettori avevano espresso prima di vedere il dibattito, quando il 61% aveva previsto che vincesse Harris ed il 36% che prevalesse Pence. Dopo il dibattito è aumentato il tasso di popolarità della VP di Joe Biden, al 56% al 63%, mentre invece quello di Pence è rimasto stabile al 41%. Entrambi i candidati, comunque, hanno dimostrato di avere le qualità per essere presidenti, con il vice presidente che gode di un piccolo vantaggio, il 65%, rispetto ad Harris che ha il 63%. A Pence va riconosciuta la capacità di aver resistito sul palco per 90 minuti senza crollare sotto gli affondi di Harris sul fallimento più grande di Trump – la cattiva gestione della pandemia -, il che lascia qualche interrogativo sulla capacità della democratica di incidere. La mosca che si è annidata tra i capelli di Pence per più di due minuti è stata l’elemento più imbarazzante per lui – e più memorabile per gli spettatori - di qualsiasi attacco di Harris. Anche questo – nota Politico – va considerato come una sorta di risultato. Harris ha incarnato i panni della moderata doc. Non ha svolto, come hanno fatto i precedenti candidati alla vicepresidenza - tra cui Joe Biden nel 2008 e nel 2012 - il ruolo di feroce attaccante. Nelle precedenti campagne presidenziali quel ruolo ha talvolta diminuito l’indice di gradimento del compagno di corsa. La senatrice è sembrata più interessata a presentarsi come civile e presidenziale piuttosto che con elmetto e lanciafiamme. Considerando le dinamiche della campagna, potrebbe essere stata una decisione politicamente astuta: in questo modo, si è presentata come una persona pronta Un momento del dibattito tra Harris e Pence per essere presidente, quasi quanto l’attuale vice di Trump, avvantaggiato sia dal fatto di essere un uomo sia dal curriculum di vice. "Kamala Harris sta mostrando agli americani perché l’ho scelta come mia vice. E’ intelligente, ha esperienza ed è una comprovata combattente per la classe media. Sarà un’incredibile vice presidente", ha twittato Joe Biden. Più minimale Donald Trump, malgrado i generosi retweet: "Mike Pence WON BIG!". "E’ un privilegio essere qui con lei", ha esordito galantemente Pence, che però poi è stato richiamato diverse volte per aver sforato i tempi o per aver interrotto l’avversaria: "sto parlando io", ha ripetuto più volte Harris. Lo scontro più duro sulla pandemia e sul vaccino. "Tu e Biden state minando la fiducia pubblica nel vaccino in arrivo", ha denunciato Pence. "Lo prenderò se me lo dice Anthony Fauci, non Donald Trump", ha replicato la senatrice, evocando i tentativi della Casa Bianca di dribblare le procedure per avere un vaccino prima del voto. Pence ha insinuato poi che Biden abbia "plagiato" il suo piano anti Covid da quello dell’amministrazione. Harris ha assestato qualche colpo sulle dichiarazioni fiscali di Trump ("il Paese merita una risposta"), sul suo razzismo ("non solo si è rifiutato di condannare il suprematismo bianco ma ha rilanciato"), sulle sue amicizie con i dittatori dopo aver "tradito i nostri amici", sulla guerra commerciale "persa" con la Cina. Pence le ha rinfacciato di aver perseguitato quando era procuratrice più i neri dei bianchi e ha cercato di dipingerla come "la senatrice più liberal, più di Bernie Sanders". I due si sono scontrati educatamente su tutto, rivelando di rappresentare due Americhe agli antipodi: aborto, tasse, cambiamento climatico, sanità, proteste razziali. Ma hanno eluso più di qualche domanda, a partire da quella se hanno un piano per una eventuale successione in corsa, vista l’età avanzata dei candidati. Anche su questo sono stati "very polite", ma è innegabile che il tema ci sia, come ha ricordato brutalmente la malattia del presidente.