Egregio Direttore, si conclude, finalmente, la battaglia intrapresa da Avvocato di strada contro l’art. 13 del Decreto "in-sicurezza", voluto dall’ex ministro Salvini. Con questo articolo si cercava di negare la residenza alle persone richiedenti asilo, privandole di diritti fondamentali e rendendo così più difficile ogni processo di integrazione (senza residenza diventa difficile trovare un lavoro, aprire un conto in banca, prendere la patente etc..).

Una norma irragionevole, discriminatoria e disumana, contro la quale Avvocato di strada ha presentato ricorsi in diversi Tribunali italiani. Il primo di questi ricorsi è stato presentato a Bologna, in favore di una donna richiedente asilo cui era stata negata la residenza proprio sulla base di quella norma. E quella causa, iniziata nel 2019, ha visto diverse fasi ovvero:

– ricorso d’urgenza presentato dagli Avvocati Antonio Mumolo e Paola Pizzi (volontari di Avvocato di strada); il ricorso veniva accolto con conseguente provvedimento che ordinava l’iscrizione anagrafica della richiedente asilo (1 a 0);

– reclamo del Ministero dell’Interno avverso questa decisione, che veniva respinto dal Tribunale di Bologna (2 a 0);

– ulteriore ricorso del Ministero dell’Interno che è stato respinto con l’ordinanza del 2 ottobre 2020 (3 a 0).

Nel frattempo, la Corte Costituzionale (sollecitata dai ricorsi presentati da Asgi, Avvocato di strada e altre associazioni), ha dichiarato l’incostituzionalità dell’Art. 13 del Decreto "in-sicurezza". È stata dunque messa finalmente la parola fine a una battaglia giudiziaria tesa ad affermare un diritto primario di ogni persona: il diritto alla residenza.

Antonio Mumolo e Paola Pizzi, volontari di avvocati di Strada, si dichiarano soddisfatti per questa ulteriore vittoria che rappresenta la conferma di un principio di civiltà esistente nel nostro ordinamento.