Più che una campagna elettorale, quella americana, assomiglia sempre di più a un’operazione di propaganda militare. Gli avversari politici sono diventati nemici dello stato da abbattere e le vittime del virus un macabro conteggio di cittadini uccisi da un’amministrazione terrorista. La rete è diventata il terreno dove i team digitali alzano i toni dello scontro per radicalizzare ancora di più i militanti e per far breccia negli indecisi tagliati fuori dal dibattito politico tradizionale. Può sembrare incredibile ma negli states inizia a serpeggiare la paura di una guerra civile una volta concluse le elezioni. Oltre a essere certificato da alcuni sondaggi, il timore di atti di tipo militare sta nascendo in seguito all’insorgere di alcune vicende oscure che coinvolgono network online americani.

La settimana scorsa l’Fbi ha smascherato su Facebook un complotto per rapire e potenzialmente uccidere il governatore del Michigan. I militanti di questo gruppo– i Wolverine Watchmen - da tempo utilizzavano i social media per reclutare persone e promuovere atti di violenza. I cospiratori volevano uccidere il governatore Gretchen Whitmer in quanto responsabile di imporre regole troppo severe legate alla pandemia da Covid-19. Solo qualche ora prima che fosse di dominio pubblico la notizia dello sventato attentato Donald Trump scriveva così dal proprio account twitter: "Il governatore Whitmer del Michigan ha fatto un lavoro terribile. Ha bloccato il suo stato per tutti, tranne per le attività di suo marito. Il mio dipartimento di giustizia e le forze dell’ordine federali hanno annunciato...".

Il riferimento a un presunto arresto ricalca la tipica narrazione utilizzata dai QAnon, che spesso parlano di operazioni contro i personaggi corrotti del deep state ordinati dal presidente. È da agosto che Facebook sta provando a limitare la propaganda di gruppi di estrema destra legati al circolo dei QAnon. Secondo un comunicato rilasciato dalla società di Mark Zuckerberg il social avrebbe chiuso "6.500 pagine e gruppi legati a più di 300 movimenti sociali militarizzati". Nonostante questi sforzi, una volta rimosse le pagine facebook, alcuni network, come la "Michigan Liberty Militia", sono riusciti a tornare sulla piattaforma con nuovi nomi. Nello specifico la piattaforma social ha messo nel suo mirino tutti quei gruppi che contengono la parola "milizia" o "minutemen" nei loro indirizzi web.

Solo venerdì scorso un’indagine messa in campo da Buzzfeednews e Tech Transparency Project ha scovato una di queste pagine che pubblicava un post dall’inquietante titolo "Siamo tornati! Aiutaci a ricostruire, condividere e invitare gli amici." Alla fine di agosto i membri di un altro gruppo para-militare chiamato "Kenosha Guard" hanno utilizzato la piattaforma per pubblicizzare un confronto con i propri militanti chiedendo a questi di presentarsi con le armi in pugno. Anche qui Facebook è intervenuto nel chiudere l’evento soltanto pochi giorni dopo la manifestazione, culminata, tra l’altro, con una sparatoria.

Se in qualche modo Facebook arriva, anche se in ritardo, a censurare questi gruppi di paramilitari, è su Instagram che sembra ancora più difficile frenare una propaganda di tipo eversivo. Basta digitare hashtag come #3percent, #militia o #freespeech per andare a scovare slogan e immagini che inneggiano a rivolte armate. Il risultato è che gli americani hanno sempre più paura che possa materializzarsi lo spettro di un conflitto interno. Gli elettori usa lo confermano anche nelle loro ricerche su Google: negli ultimi giorni "civil war 2020" ha avuto un’impennata di oltre il 950% in termini di click sul motore di ricerca.