Come avevamo più volte denunciato, i decreti sicurezza emanati dall’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini avevano introdotto norme più severe e restrittive per le cittadinanze per residenza e matrimonio, nel quadro di una più generale politica migratoria dominata dalla chiusura e dalla paura. A farne le spese sono stati così anche gli italiani all’estero: il tempo massimo per la conclusione delle pratiche di cittadinanza per residenza e matrimonio era stato elevato da due a quattro anni, mentre l’introduzione della certificazione B1 di italiano per le cittadinanze per matrimonio (al momento della presentazione della domanda e non alla sua definizione) ha causato forti perplessità nelle comunità italiane nel mondo.

Più in generale, l’atteggiamento del governo e le restrizioni imposte dai "decreti Salvini" avevano contribuito al moltiplicarsi di espisodi di ostruzionismo e ostilità rivolti agli italo-discendenti che si recavano in Italia per la presentazione della loro domanda di cittadinanza, possibilità prevista da una apposita circolare del Ministero dell’Interno. Con il superamento dei "decreti sicurezza", fortemente voluto dal Partito Democratico, è iniziata una graduale azione di modifica di quelle distorsioni: il limite massimo per la definizione delle pratiche di cittadinanza per residenza e matrimonio è sceso da quattro a tre anni (e speriamo possa tornare ai due anni), mentre è stata introdotta la possibilità di lavorare in Italia anche per i cittadini con "permesso di soggiorno per cittadinanza".

Si tratta di due passi significativi, soprattutto perché indicano una inversione di rotta rispetto al precedente atteggiamento di chiusura determinato dai "decreti Salvini", determinando un cambiamento di atteggiamento da parte delle autorità italiane rispetto alla necessaria apertura e lungimiranza delle politiche migratorie. Su questi temi qualche giorno fa mi sono soffermato nel corso di un nuovo colloquio avuto con il Vice Ministro dell’Interno Matteo Mauri, al quale ho avuto modo di esporre e aggiornare i dati e le preoccupazioni attinenti alle domande di cittadinanza presentate dai cittadini italiani, provenienti in gran parte dal Sudamerica.

Fabio Porta