Dopo le piazze, le notti: l'inesorabile marcia del virus sembra non conoscere ostacoli, vuole sequestrarci tutti gli spazi della socialità. E se questo "coprifuoco" fosse una benvenuta scomodità, per riscoprire la notte come luogo dell'anima? Già, la notte. Armando Bonaiuto, che all'infinita notte ha dedicato l'edizione del 2019 di "Torino Spiritualità", ha scritto che "c'è chi ne teme il buio sinistro e chi ama lasciarsi ammaliare dalle danze delle sue ombre, chi vorrebbe sfuggirne l'opacità e chi invece la cerca perché in lei trova riposo, tregua, riflessione. Misteriosa ambivalenza e maestosa bellezza della notte: spazio e tempo in cui lo spirito, lontano dagli abbagli e dalla marcia febbrile del giorno, può contemplare in dolcezza la tenda stellata che lo sovrasta o la vertigine infinita che racchiude in sé.
La notte ha la capacità di accogliere e mettere in risonanza ogni inclinazione dell'animo umano, che si tratti di note gioiose o di toni calanti, di spiriti nati «alla rovina» o di spiriti nati «al soave diletto». Uno scrigno di capienza infinita, ma infinito anche nel tempo, poiché appena passata, già la notte ci attende di nuovo. È alle nostre spalle, e sempre ci sta davanti. Come una presenza sognata, che della logica ferrea degli orologi se ne infischia". La nostra società ha creato una realtà artificiale ostile alla quiete notturna, al riposo. Tutti i servizi sono sempre più disponibili H24. Oggi si rischia di passare per parrucconi se si lancia una campagna a difesa della notte, perché viene considerato giovane, tecnologico e informatizzato aspettare l'alba tenendo svegli anche gli altri.
Più di quaranta anni fa Pier Paolo Pasolini rimpiangeva le lucciole e Italo Calvino segnalava l'impossibilità di scrutare le stelle per la troppa luce elettrica. "Il segreto della notte custodisce anche il meglio della nostra umanità e non solo le nostre paure – ha scritto la teologa Milena Mariani – e consente maturazioni impensabili alla luce del giorno, riconduce a volte a un "habitare secum", a un ritrovamento del proprio cuore disperso nella frenesia delle giornate, aiuta a fare i conti con se stessi e almeno talvolta con Dio, invita a scoprirsi sconosciuti a sé, irriducibilmente misteriosi. Forse soprattutto nella notte, nell'ambivalenza della notte, l'uomo si scopre come sostanzialmente "absconditus", celato a sé stesso e agli altri, un mistero della speranza e al tempo stesso un mistero della malvagità".
Insomma non tutto si deve fare nella pubblica piazza o alla luce del giorno. In questo tempo del chiassoso apparire è utile riscoprire l'alternanza virtuosa di nascondimento e manifestazione, di segreto e di aperto, di privato e di pubblico, di silenzio e di parola. Il nascondimento garantisce la buona qualità della manifestazione, così come il silenzio riempie la parola. Romano Guardini parlerebbe di «opposizione polare», cioè di un legame vitale tra l'uno e l'altro polo e, rispettivamente, di un'inconsistenza dell'uno e dell'altro se non vengono mantenuti in relazione reciproca. Ha scritto Alda Merini che "i poeti lavorano di notte/ quando il tempo non urge su di loro/quando tace il rumore della folla/e termina il linciaggio delle ore". In questi versi c'è un viatico buono per tutti: trovare nella notte un luogo in cui il tempo non urga su di noi, facendo tacere il rumore della folla.
Valentino Losito