di Mimmo Porpiglia

Questo è l’ultimo numero di Gente d’Italia.​

Non chiudiamo per la crisi, per la pandemia.​

Chiudiamo perché un giornale scomodo, libero è un giornale fragile. Chiudiamo perché un giornale pensato per i lettori e non per le istituzioni può essere messo in discussione dalle istituzioni.​

Chiudiamo perché noi abbiamo ragione e chi aveva dubbi ha torto.​

E così chi aveva dubbi avrà la possibilità che qualunque cosa faccia, o non faccia, non venga messa in discussione.​

Noi chiudiamo perché qualcuno ha espresso dubbi su questo giornale; e noi non abbiamo risposto con dubbi o condizionali, ma con i fatti e con i documenti e i fatti e i documenti ci hanno dato ragione.​

Ma troppo tardi.​

Troppo tardi perché un giornale serio è fatto di comportamenti seri, nei confronti dei dipendenti, dei fornitori e dei lettori.​

Chiudiamo perché avevamo detto che se non avessimo incassato il contributo pubblico avremmo chiuso a fine ottobre.​

E solo il 30 ottobre il nostro avvocato è stato informato.​

Troppo tardi per un’impresa che deve programmare le sue cose, che deve pagare gli stipendi ai giornalisti, che deve onorare i contratti.​

Non è una chiusura semplice; non è semplice per i nostri giornalisti, ai quali assicuriamo quattro mesi di stipendio per curare l’edizione digitale e per dargli il tempo di trovare un’altra occupazione.​

Non è semplice per i nostri fornitori che, infatti, ci stanno facendo scrivere dai legali; non per chiedere di essere pagati, in quanto lo sempre stati, ma perché ritengono che la disdetta non sia stata inviata nei tempi dovuti.​

Se così è la responsabilità se la assumerà chi di questo è responsabile, ma decideranno i giudici.​

Non è facile per le nostre decine di migliaia di lettori, italiani in Uruguay, e nel resto del mondo per i quali questo giornale era un necessario collegamento, culturale ed affettivo, con l’Italia. E le centinaia di lettori lo testimoniano.​

Non è semplice per me che ho fondato Gente d’Italia ventidue anni fa e che l’ho portata da Miami a Montevideo; che per anni ho cercato di dare voce a chi non ha voce, di raccontare i fatti, di portare la bella lingua italiana in Uruguay e nel mondo.​

Non è semplice perché dall’inizio del 2020 stavamo lavorando per fare un giornale nuovo, più adeguato ai tempi, più accattivante nella forma.

Anche he con un​ telegiornale Tv ma sempre rigoroso nei contenuti.​

Stavamo lavorando per ripetere la bellissima esperienza del Corso di giornalismo multimediale qui a Montevideo.​

Per dare un lavoro e una specializzazione a tanti giovani innamorati del nostro Paese, della lingua di Dante. Per formare dei veri professionisti​ dell’informazione italiana all’estero. Un requisito purtroppo alieno nel panorama dell’italica emigrazione.

La chiusura di questo giornale non è vittoria né dei lettori, né dei giornalisti. Ma sicuramente è una grande sconfitta di chi per capriccio ha lavorato (per modo di dire) per renderci la vita impossibile.