I cicli piacciono. Sembrano dare un senso a eventi che, lì per lì, paiono incomprensibili. Danno anche speranza, dimostrando in qualche modo che "anche questo passerà".

La storia americana per esempio—almeno nell'interpretazione di un famoso ed estremamente influente politologo di Harvard, Samuel Huntington—parrebbe caratterizzata da cicli di "convulsioni morali" che ricorrono all'incirca ogni sessant'anni.

Scrivendo all'inizio degli anni Ottanta, lo studioso ne ha identificati quattro: il periodo rivoluzionario negli anni tra 1760 e 1770, la "rivolta Jacksoniana" (1820-30), l'era "Progressista" che iniziò verso la fine del 19° secolo e, nel 20° secolo, le massicce proteste sociali e la rivolta studentesca tra gli anni Sessanta e Settanta.

Huntington ha barato un po' con le date per far tornare i conti—ci mancherebbe altro, la storia non è una scienza precisa—ma l'importante è che nel 1981 fece una previsione: la prossima "convulsione americana" sarebbe arrivata nella seconda o terza decade del 21° secolo. Cioè, ora.

Visto col senno di poi, l'attuale convulsione "huntingtoniana" potrebbe avere cominciato a prendere forma con l'emergere delle forze sociali e politiche che hanno proiettato il molto improbabile Donald Trump alla Casa Bianca e spezzato la consolidata convivenza politica tra parti blandamente "di sinistra" e "di destra"—in termini americani—risalente agli stravolgimenti degli anni Sessanta: i movimenti contro la Guerra nel Vietnam e la segregazione razziale, lo "sdoganamento" del divorzio e dell'aborto, la rivoluzione sessuale, il boom della marijuana, della "controcultura" e di molte altre cose nuove.

I cicli perlopiù si vedono solo dopo, quando cerchiamo di capire cos'è già successo, ma la confluenza storica di una crisi economica e di un'altra sanitaria con ondate di indigestione finanziaria, tecnologica, mediatica, sociale e perfino dietetica—e ora certamente politica—è perlomeno suggestiva, e non abbiamo nemmeno citato Black Lives Matter... Se Huntington aveva ragione—è morto nel 2008— l'eventuale decisione su chi sia il nuovo Presidente degli Stati Uniti non risolverà granché. Siamo solo all'inizio di una nuova e preoccupante corsa sulle montagne russe dell'evoluzione americana.

I nodi che stanno venendo al pettine negli Usa sono tanti e in brutale contrasto tra loro. Che non si sappia assolutamente che pesci pigliare è evidente nella curiosa—e tardiva—scoperta del "Socialismo" in salsa americana, partita dalla sorprendente, seppur breve, popolarità del politico Bernie Sanders qualche anno fa e sfociata nella creazione di una sorta di prima "corrente" esplicitamente socialista all'interno del Partito Democratico.

È promossa da quattro deputate—Alexandra Ocasio-Cortez (New York), Ilhan Omar (Minnesota), Ayanna Pressley (Massachusetts) e Rashida Tlaib (Michigan)—tutte più o meno giovani, più o meno di colore, un po' "etniche" e dalle idee per ora abbastanza confuse.

Se sono rose, fioriranno. Per il momento, più che rose ricordano i semi d'avocado messi a "far radici" in un vaso d'acqua sul davanzale di un dormitorio universitario—poi germogliano e non si sa cosa farsene. Forse il terriccio americano, come dimostrano i risultati elettorali inaspettatamente forti ottenuti da Donald Trump, non è ancora pronto per certe piante delicate...

di James Hansen