Negli Stati Uniti, come nel resto mondo, è uno dei simboli del lusso italiano. Le borse, i portafogli, la pelletteria firmata Furla è ormai, da anni, oggetto, costoso, del desiderio del pubblico femminile. Le boutique Furla a New York come a Miami, a Los Angeles e in tutte le grandi città degli Stati Uniti, sono un punto di riferimento nei mall, nelle zone dove il luxury regna sovrano. Ma anche chi non ha problemi con il conto in banca, evidentemente non è rimasto lontano dalla pandemia. Fare shopping oggi non è più lo stesso: dal pre-COVID al COVID le cose sono cambiate. E se ne sono accorti, purtroppo, un po' tutti.

Così Furla USA, filiale statunitense della casa italiana, si è dichiarata in bancarotta al tribunale di New York. Motivo l'impatto che la pandemia ha avuto sulle sue attività commerciali. Furla ha presentato istanza per la protezione prevista dal Chapter 11 alla U.S. Bankruptcy Court, il tribunale fallimentare della Big Apple. Si tratta del modo più semplice per poter avviare il processo che porterà a sbarazzarsi innanzitutto dei costosissimi contratti di affitto delle boutique e di tutto ciò che ne consegue, concentrandosi poi su una nuova strategia che andrà dalla riorganizzazione degli investimenti con un'attenzione maggiore in particolare sull'e-commerce.

Non è la sola Furla che ha intrapreso questa strada, un po' obbligata da quanto sta succedendo: sono infatti numerosissimi i marchi e i rivenditori noti che negli Stati Uniti si sono rivolti al Chapter 11. La decisione di Furla è stata presa come parte fondamentale per le nuove strategie che il gruppo italiano ha intenzione di portare avanti negli States. In questo modo ci sarà l'opportunità, secondo quanto dichiarato, di "concentrarsi sui valori fondamentali del marchio e investire nell'e-commerce e il commercio all'ingrosso, aree in crescita, al fine di ottenere un successo significativo a lungo termine". Spariranno allora le boutique Furla che hanno caratterizzato il lusso a stelle e strisce negli Stati Uniti in questi decenni?

La tendenza pare proprio questa: vista anche la situazione economica, generale, affitti da decine di migliaia di dollari al mese, non sono più affrontabili: il COVID ha cambiato, chissà forse per sempre, anche lo shopping più costoso. "L'eredità del marchio, l'impeccabile artigianato italiano e il modello di core business sono forti - si legge ancora nel comunicato della filiale USA - Rimanendo fedele ai valori dell'azienda e mantenendo un forte legame con i propri clienti, Furla anticipa la crescita futura nelle Americhe attraverso un modello di business rivisto e modernizzato. Furla è fiduciosa che questa decisione non avrà alcun impatto sui nostri stimati e fedeli clienti e non vediamo l'ora di vedervi nei nostri negozi e online su furla.com".

Ma secondo quanto pubblicato dal Wall Street Journal, le vendite di Furla negli Stati Uniti erano diminuite drasticamente anche prima del marzo scorso, quando l'ondata del Coronavirus ha colpito anche tutti gli USA. Il segno di un cambiamento irreversibile che la pandemia ha solo accelerato? Negli USA l'e-commerce di beni fisici è passato dai $279.727 milioni del 2017 ai $343.150 previsti per quest'anno. Cifra che nel 2024 dovrebbe raggiungere i 476.462 milioni di dollari. Ma quest'anno, complice la pandemia, nel secondo quadrimestre, le stime parlavano di un +44,4% rispetto allo stesso periodo del 2019.

La storia di Furla risale al 1927, quando a Bologna (oggi la sede è a San Lazzaro, alle porte del capoluogo emiliano) Aldo e Margherita Furlanetto iniziarono a distribuire accessori femminili. Il primo negozio viene aperto nel 1955, sempre a Bologna, nella centralissima via Ugo Bassi. La prima linea di borse arriva negli anni Settanta: un successo che non si ferma, dalle prime boutique monomarca al grande salto in Francia e negli Stati Uniti, siamo negli anni Ottanta. Un'attività gestita sempre dalla famiglia fino al 2007 quando, per la prima volta, la guida va nelle mani di un manager esterno.

Nel 2018 i negozi monomarca erano 467 di cui 263 gestiti direttamente in 100 Paesi del mondo e nello stesso anno il Giappone diventa anche il primo mercato di Furla, con una quota del 22%, più di tutta l'Europa. Poi l'anno scorso un altro primato: il superamento per la prima volta di quota 500 milioni di euro di fatturato, cifra raddoppiata in appena 4 anni.

SANDRA ECHENIQUE