Se penso a una colonna sonora da accostare alle vicende all'interno del Movimento 5 Stelle, che francamente talune volte rasentano il fanciullesco, non posso fare a meno che rispolverare quella birbante e scanzonata canzone, dal ritornello facile da canticchiare, del dodicesimo Zecchino d'Oro, "Il lungo, il corto e il pacioccone". 

Il testo sembra riassumere perfettamente ciò che accade all'interno di questo sempre più travagliato movimento che, negli ultimi due anni, ha saputo dar vita ad un copione che nulla ha da invidiare a qualsiasi appassionata fiction del nostro panorama televisivo. Di fatti, facendo un semplice esercizio di abbinamento ai personaggi della nota canzone per bambini si ottiene un'ironica – meglio prenderla a ridere per non piangere – fotografia dove "il lungo si sfoga", paradossalmente potrebbe essere benissimo Alessandro Di Battista, "il corto il suo banjo fa suonar" riferirsi a Luigi Di Maio, e infine quando nel testo si narra "e la ballata canta il pacioccone" richiamare la figura di Beppe Grillo.

Se ci pensiamo bene è il ritratto, anche se beffardo, di ciò che accade nei pentastellati. Il buon Di Battista (fisicamente il più alto dei tre) in effetti alza sempre i toni, si sfoga, cerca di impersonare il malcontento che serpeggia tra la base del movimento, si sforza a modo suo di far comprendere, senza alcun risultato ad oggi, che continuando sulla non linea intrapresa è inevitabile prendere in seria considerazione l'inevitabile smembramento del soggetto politico.

principi che li avevano ispirati sono stati dimenticati, riposti in un cantuccio, traditi nel loro cammino governativo in cambio di un potere che sempre più ha preso il sopravvento su chi guida il Movimento, li ha resi tutt'altra cosa che non si sa bene cosa sia. Il "lungo" del nostro racconto così si è ritrovato costantemente a sbraitare invano, ogni volta sembra che stia per dar luogo a chissà quale sobillazione interna di massa, per poi puntualmente, come per uno strano incantesimo, rientrare nei ranghi, insomma di volta in volta tanto rumore per nulla, proprio come nella migliore tradizione della commedia teatrale shakespeariana. Questo modo di fare però, con il tempo, potrebbe inevitabilmente portare a fare i conti con una perdita di credibilità, ancor peggiore, una sorta di grido al lupo al lupo che porterebbe alla mente di molti i ricordi di un'ennesima canzone il cui testo recitava: "Parole, parole, parole, parole, parole soltanto parole".

Di Maio (senza dubbio il meno alto dei tre) incurante nei fatti delle esternazioni del "lungo" continua inesorabile a seguire la propria strategia, seguendo uno spartito tutto suo – rimanendo in tema musicale – per cercare di suonare (o suonarle) agli altri la propria musica, che in fin dei conti è sempre stata la stessa, quel ritmo dall'incedere marcato della marcia per segnare la conquista del comando a lui tanto caro.

Peccato per il "il corto", prima o poi ci sarà qualcuno che gli farà pur notare che tutto ciò è solo una pia illusione perché, in realtà, è palese a chiunque, proprio come ben riassumono le parole della canzone citata all'inizio, che l'unico a manovrare il tutto, a suonare, suonarle, far ballare e a cantarle a tutti nel M5S è solo l'influente Beppe Grillo.

In questo periodo di pandemia da Covid-19 i cosiddetti big sono scomparsi dalla dialettica politica sul tema, qualcosina balbettata qua e là solo da qualche seconda fila, per rimanere in termini di stelle e astronomia, si sono letteralmente eclissati. L'unico a metterci la faccia, sul tema nelle varie dichiarazioni e dibattiti televisivi, è l'appassionato viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, tra le file uno dei pochi lucido, capace e competente, lo stesso che ha dichiarato che dopo questa esperienza politica vuol tornare alla sua professione di medico. Probabilmente ne ha le scatole piene, forse dietro questa sua affermazione c'è la triste constatazione di aver compreso che nei Cinque Stelle è impossibile avere delle proprie idee, portarle linearmente e democraticamente avanti. In conclusione, per rimanere sempre in tema musicale come fin da principio, è banale trarne la dovuta considerazione, è immaginare che in un prossimo futuro assisteremo all'epilogo finale dove l'insieme dei malumori degli aderenti al M5S possa tramutarsi in un insieme di suoni che daranno vita ad una diversa colonna sonora, questa volta dal titolo inesorabile, "La musica è finita".

Alessandro Cicero