Va bene, ma il succo è lo stesso. Il M5s è a congresso. “Sono in rianimazione” commenta un loro ex compagno che li conosce bene. Ora, dopo aver silurato Gianroberto Casaleggio, è guerra aperta fra l’ala governista e i nostalgici del vecchio Movimento. Da una parte Luigi Di Maio, dall’altra Alessandro Di Battista, due ex amicissimi che ora si combattono a sciabolate. Alla fine di un primo giorno contraddistinto dall’online, lo scontro è sui numeri. Un particolare che non è di poco conto. C’è chi assicura che Alessandro sia stato il più votato e chi, al contrario, afferma con sicurezza che i seguaci di Luigi hanno ottenuto il 70 per cento dei consensi.

Le critiche politiche non si fanno attendere. “Sono invecchiati presto”, titola stamane un giornale a grande diffusione”. Ed aggiunge ironicamente: “A quando il caminetto?”. Sembra di essere tornati ai tempi della prima Repubblica nel momento in cui si riuniva il popolo della Democrazia Cristiana. Chi sarà il nuovo segretario, si domandavano in parecchi? Allora, indiscrezioni e rumors si inseguivano per fare previsioni impossibili. Ad un vecchio notabile del partito riunito trenta giorni prima delle votazioni finali fu chiesto dai giornalisti: “Lei Antonio Gava è in corsa?”. Risposta lapidaria: “Chi si candida un mese prima è morto”.

La realtà è che si seguisse la linea dettata da Di Battista si dovrebbe dire addio o quasi alle poltrone. Ipotesi che Di Maio non prende nemmeno in considerazione. Lui è al vertice della Farnesina e non vuole andarsene solo perché qualcuno desidera innescare la marcia indietro e tornare ai tempi del “vaffa day”. Così, la guerra continua e gli argomenti scottanti sono ancora sul tappeto. Ad esempio: come si comporteranno i pentastellati sul Mes, ossia sul salva-stati? Finiranno col dire si a quei miliardi (ala governista) oppure rimarranno all’opposizione, creando una pericolosa crepa pure nell’esecutivo?

Oggi interverrà anche il premier Giuseppe Conte agli Stati generali. Discorso delicato il suo, perché si tratta di barcamenarsi fra Scilla e Cariddi. Una gatta da pelare fra le tante che assillano il presidente del consiglio. Tornato a Palazzo Chigi dopo l’incontro con i 5Stelle, ecco il problema ben più drammatico del coronavirus che anche ieri si è fatto sentire (37255 nuovi casi e 544 decessi). Dalla parte di alcuni virologi si nutre ottimismo perché l’indice di contagio (il cosiddetto RT) sta scendendo, ma intanto nelle piazze la protesta non si placa in specie a Napoli diventata zona rossa. Il governatore Vincenzo De Luca insiste nel chiedere le dimissioni del governo. Il sindaco Luigi De Magistris non la pensa allo stesso modo. Mentre la gente affolla il lungomare nell’ultimo giorno di “libertà”.

Alcune scuole a Napoli riaprono, in Calabria si chiudono tutte. E’ difficile guidare un Paese che si comporta in modo così sparpagliato. E si preoccupa di sapere se potrà fare il cenone a Natale. Risponde a tono il ministro Roberto Speranza:” Con 600 morti al giorno mi sembra lunare parlare di festività e di Santa Claus”. Come dargli torto?

di Bruno Tucci