di Mimmo Carratelli
Gioco, giochetto, il Napoli è da scudetto? Non siamo al fanta-calcio. Allenatori illustri e opinionisti di vaglia piazzano il Napoli tra le squadre che possono vincere il campionato. Oh, ma che cosa è successo?
È n’anno, ce piense ch’è n’anno dalla rivolta di novembre 2019. Vergogna e disonore. Il buio oltre le siepi di Castelvolturo. Re Carlo che se ne va, Gennaro cha arriva. Ce piense ch’è n’anno. 
Quattro sconfitte nelle prime cinque partite di Gattuso. Disperazione, disperazione. Poi quel guizzo in Coppa Italia con la Lazio, 1-0, gol di Insigne. Poi, in campionato, la vittoria sulla Juve, 2-1, gol di Zielinski e Insigne.
Poi il successo finale in Coppa Italia, 17 giugno 2020 a Roma, quattro legnate sui calci di rigore alla medesima Juve. Gattuso, fra il pari e il dispari, di quel suo debutto sulla anchina azzurra, porta a casa un trofeo. Maronn’, allora non tutto era perduto.

Scena nuova - È n’anno, ce piense ch’è n’anno. S’è cambiata la scena. Il Napoli da scudetto con due colpi: Osimhen e Bakayoko. La resurrezione di Lozano. Koulibaly che resta. Insigne che si cosparge il capo di cenere, ma solo per essere alla moda, e diventa un vero capitano. Il 4-3-3 che diventa 4-2-3-1.
Il Napoli inciampa nel tavolino della Juventus e gli tolgono un punto in classifica. Sottoposto al ludibrio di una farneticante sentenza d’appello nella quale viene accusato velatamente e poi apertamente di essere un club scorretto e sleale. Roba da radiazione immediata.
Il Napoli gioca due campionati paralleli. Sul campo, Covid-19 permettendo. Nei tribunali, giudici meno elegiaci permettendo.
Napoli da scudetto. Insorgono i paisà quando Gattuso dice il nostro obiettivo è piazzarci per tornare in Champions. Il Napoli ha la “rosa” più forte degli ultimi tempi, urlano i paladini del tricolore. Gattuso sacramenta in greco-calabro-scozzese.
Via dalla piazza folle, la piazza napoletana emotivamente inaffidabile. Scudetto, scudetto invocano in paranza gli anema e core del golfo. Se arriveremo secondi, è un flop? Se arriveremo terzi, è un buco nell’acqua? Se arriveremo quarti, è un fallimento.

Dopo la sosta - La sosta non porta consiglio e la ripresa del campionato propone le prime vere sfide se scudetto deve essere. Milan e Roma consecutivamente al San Paolo. Il doppio salto mortale di Gattuso e dei suoi prodi.
Il Milan capolista non ha ancora perso una partita e, fuori casa, ne ha vinte tre su tre. La Roma di Paulo Pimentel Fonseca si è rilanciata a miglior vita, quattro vittorie e due pareggi, imbattuta se non avesse subito, peggio del Napoli, l’ingiuria di uno 0-3 a tavolino per un banale errore nella distinta dei giocatori a Verona, prima gara di campionato.
Immaginiamo sei punti, e perché no?, e allora campioni, campioni. Note magiche. Lo stadio è sempre chiuso. Il delirio è in remoto. La città agitata. I titoloni dei giornali. Il putiferio delle umane genti.
Calma e gesso, dicevano i padri della patria calcistica. Vengono posti i primi problemi.
Come fermeremo Zlatan Ibrahimovic, il colosso di Malmoe (1,95), l’uomo che gli anni non glieli devi chiedere mai, il polipo svedese, l’onnipotente rossonero, già in cima ai goleador con otto reti in sette partite, che braccia forti che hai, che gambe lunghe che hai.
Come fermeremo la banda giallorossa che spara con sette fucilieri, in gol il francese della Loira Jordan Veretout, lo spagnolo minuscolo Pedro Pedrito di Santa Cruz di Tenerife, l’immenso bosniaco Dzeko monumento di Sarajevo (1,93), l’armeno Mkhitaryan (Arianna Armeno, Arianna Armeno, un nuovo spot urlato allo stadio), Marash Kumbulla nato a Riva del Garda da genitori albanesi, il catalano Carlos Perez, l’umbro Leonardo Spinazzola di Foligno, città implacabile col suo lunario-calendario? 

Prove di vertice - Le partite di cartello, ricordate?, si diceva proprio così per gli incontri ad alto livello. Il Napoli sinora ne ha giocato uno solo, strapazzando l’Atalanta del nuovo corso che prende troppi gol. Milan e Roma hanno già provato i match più incandescenti, il Milan battendo l’Inter (2-1), la Roma pareggiando con la Juventus (2-2), e poi Milan-Roma 3-3 a San Siro.
Milan e Roma diranno che squadra è il Napoli. Prima di Natale la sentenza definitiva con Inter-Napoli a metà dicembre e, subito dopo, Lazio-Napoli. Qui si fa lo scudetto o si muore.
I più sofisticati sapienti del pallone scrutano, soppesano e giudicano la squadra azzurra in fase offensiva e in fase difensiva con la solita annotazione, la mancanza di una personalità spiccata e, per lo scudetto, la mancanza di una storia robusta di successi, una tradizione leggera di vertice, lo scirocco, la distanza dal Palazzo, le Asl, i mandolini. Ma, allora, siamo o non siamo da scudetto?
Napoli-Milan sarà la svolta chiarificatrice. Il Milan di Pioli (identico 4-2-3-1 del Napoli) ha una sua continuità di gioco, una precisa impronta di squadra che si muove compatta, una manovra corretta e, quando tentenna, palla lunga a Ibrahimovic.
Sarà Koulibaly a tranciare i tentacoli dello svedese. Il Milan è cresciuto a centrocampo con la crescita di Kessie. Ha Tonali in pit-stop. Ha il giovanotto portoghese Leao gambe-lunghe con gli stivali delle sette leghe sulla destra della difesa azzurra che dovrà opporsi anche agli arrivi furiosi di Theo Hernandez, l’espresso marsigliese.
Ha buone armi, il Milan, e l’incoraggia la stagione del rilancio senza avventure dopo il ripudio della rivoluzione con Ralf Rangnick, il sessantenne tecnico tedesco d’avanguardia. 

Torneo democratico - La sostanza è questa. Se il Milan è da scudetto, come sospirano i suoi ammiratori, il Napoli non lo è da meno. A questo punto però sorge un dubbio: dov’è finito l’annunciato ed esclusivo duello-scudetto fra Juventus e Inter?
La Juve, e ma, però, vediamo, sì ha Ronaldo, sì ha Morata, ma ha Pirlo protetto dalla considerazione generale e ossequiente a Madama, però sempre un allenatore debuttante è, anche se si chiama Pirlo ed esclude Dybala, e la difesa bianconera non è più quella di una volta.
L’Inter soffre dell’agitazione di Antonio Conte, non è mai tranquilla, vorrebbe spaccare il mondo, ma spesso si spacca da sola, Lautaro Martinez va a corrente alternata, Vidal dove lo mettiamo un po’ più avanti o un po’ più indietro, Lukaku è il suo profeta, c’è ancora il vecchio Perisic (31 anni) a far legna, la difesa barcolla, regge Barella.
L’Inter non sembra ancora una squadra ma una banda di masnadieri furenti, più spesso pareggianti, in campionato una vittoria nelle ultime cinque partite.
Ecco il punto. Questo è un campionato senza padroni, un campionato democratico, la Juve in maglia rosa ha perso vigore, l’Inter con la maglia che sembra una tovaglia da pranzo è una squadra da pic-nic.
Aggiungiamoci lo smarrimento dell’Atalanta che non è più se stessa. Aggiungiamo la Lazio che è forte ma ha la coperta corta. Escludendo Sassuolo e Verona che stanno giocando il miglior calcio, ecco che siamo tutti in ballo per lo scudetto.
E perché no il Napoli? Perché sì lo dirà il Milan domenica sera al San Paolo.